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Clemente Russo dopo l’esclusione: “Accetto conseguenze, ma il GF ha le sue responsabilità”

Una lettera aperta quella di Clemente Russo, pervenuta dopo l’esclusione dal reality show Grande Fratello Vip. Un’ammissione di colpe, mista ad assunzione di responsabilità e totale pentimento. Si scusa Clemente, con tutte le persone coinvolte, ma sottolinea alcune pecche del noto programma tv, come quella del mancato diritto alla riservatezza.
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Clemente Russo rompe il silenzio dopo l'eliminazione dal Grande Fratello Vip. Cacciato dal programma a causa di affermazioni sessiste e misogine, il noto pugile ha voluto parlare a cuore aperto attraverso una lettera, che al meglio sintetizza il suo pensiero dopo la batosta della diretta. Sono pensieri alimentati dalla sofferenza per quanto accaduto e soprattutto dalla convinzione che il pubblico italiano si sia fatto un'idea sbagliata di lui. Il legame alla sua famiglia gli sta dando la forza per combattere questa piccola battaglia mediatica, acuita nei toni da accuse ben precise, volte a denigrare la sua identità di uomo del Sud.

Non è bastato il suo intervento a gamba tesa di ieri sera, quando sia Ilary Blasi che Alfonso Signorini l'hanno condotto al centro della scena per rimarcare l'inadeguatezza delle sue dichiarazioni. Non è bastato nemmeno quello della moglie Laura Maddaloni, che l'ha descritto come un marito fedele, attento e mai incline alla violenza. Non è servito nemmeno il tentativo di redenzione pubblica in studio, di fronte al pubblico del GF Vip e più di 4 milioni di persone da casa. Niente è servito a placare gli animi e prima di ogni cosa la sua coscienza. Motivo per il quale oggi, a distanza di nemmeno 24 ore, il pugile si è deciso a parlare e a raccontare la sua verità.

Di seguito il testo integrale della lettera di Clemente Russo:

Prendo atto delle reazioni che ha suscitato la mia partecipazione al Grande Fratello Vip: considerati i toni e le modalità della mia uscita di scena non posso dirmi stupito dei contraccolpi, talvolta dolorosi come pugni sul ring. Proprio per questo, al termine della mia esperienza televisiva, desidero chiarire con profonda convinzione la mia posizione in ordine alla vicenda che mi vede coinvolto per alcune opinioni personali espresse in quella sede. In primo luogo intendo esprimere le mie scuse più sincere verso chiunque si sia sentito offeso o toccato nella propria sensibilità a causa delle mie parole: in particolare nei confronti del Ministro della Giustizia Andrea Orlando, dell’Amministrazione Penitenziaria, di tutti i colleghi del
Corpo di Polizia Penitenziaria e infine – ma non per ultime – delle nostre donne, forti e generose come poche. Non ho mai fatto mistero che la scelta di concorrere per il reclutamento nel Gruppo Sportivo Fiamme Azzurre è nata sì da considerazioni tecniche relative alla mia attività agonistica, ma anche dalla convinzione di abbracciare la missione del Corpo di riferimento.
La Polizia Penitenziaria è impegnata quotidianamente in una professione che richiede un immenso spirito di servizio e la piena accettazione di condizioni di lavoro spesso tanto misconosciute quanto eroiche, sempre tanto difficili quanto essenziali per le finalità di un Paese civile e aperto a tutte le esigenze del sociale. Soprattutto per questo motivo mi sento estremamente amareggiato per il fatto che la mia attuale posizione personale possa in qualche modo nuocere all’immagine della Polizia Penitenziaria: tanto più a causa del mezzo utilizzato, consistente in una produzione televisiva che ha nei suoi obiettivi dichiarati quello di mettere a nudo le coscienze inserendo le persone in un contesto di completa anormalità.

Se posso invocare una sia pur minima attenuante in questa vicenda è proprio questa: accettando la partecipazione nel programma non avevo tenuto in giusto conto le conseguenze di innaturale asocialità nella quale si è inseriti durante la forzata convivenza nella “casa”, tanto da non riconoscermi ora nella voce che ha pronunciato le frasi “incriminate”.
Io mi sento una persona profondamente diversa. Tutti mi conoscono come un atleta che ha fatto della lealtà sportiva il proprio stile di vita cercando di trasmetterla ai ragazzi che si affacciano nelle palestre per trovare una sana risposta alle loro esigenze di riscatto sociale. Sono un marito – e soprattutto un padre – che ama profondamente la propria famiglia e farebbe di tutto per difenderne l’integrità. Questi sono i valori dei quali mi sono sempre fatto portatore, in pubblico e nel privato: in questi mi riconosco e rinnego in questa sede ogni diversa concezione della vita. Come nel pugilato, anche nella vita non ci si può nascondere di fronte alle avversità, ed è chiaro che affronterò serenamente le conseguenze del mio comportamento inappropriato: a mente fredda capisco che avrei potuto esprimermi in modo diverso, non accettare alcun coinvolgimento in situazioni che nella particolare visione di quello spettacolo sono suscettibili di attenzione e di “audience”.

E, soprattutto, avrei dovuto rendermi conto che la filosofia del programma è quella di negare in modo totale il diritto alla riservatezza e perciò non si può invocarla nemmeno quando si ritiene in buona fede di averne subito la lesione. Ne sono profondamente convinto, tanto che ora sono qui ad esprimere le mie scuse: nella speranza che i diretti destinatari vogliano ascoltarle e accettarle come sincere.

Clemente Russo

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