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Fedez in un campo rifugiati in Libano: “Fuggo dalla droga della fama”

Il rapper è partito alla volta di Beirut, dove trascorrerà alcuni giorni in un campo profughi per un progetto con i bambini vittime della guerra. “Voglio ricordare a me stesso che esiste un mondo reale al di fuori dalla celebrità”, scrive in un lungo post su Instagram.
A cura di Valeria Morini
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Fedez è partito per un viaggio, forse "il più importante" della sua vita, come lo ha descritto lui stesso in un lungo post Instagram. Non si tratta, stavolta, di trasferte oltreoceano per girare video musicali: il rapper è giunto in Libano, dove vivrà per alcuni giorni in un campo di rifugiati nella capitale Beirut. Un progetto organizzato in collaborazione con l'Unicef, nel quale Fedez lavorerà con i ragazzini del campo.

Sono in partenza per il Libano. Ho chiesto ad UNICEF di portarmi per 4 giorni in un campo rifugiati a Beirut per portare avanti un progetto insieme ai bambini che avevo in mente da un po’ di tempo. Quello che sto per fare è un viaggio molto importante, forse il più importante della mia vita. La prospettiva di entrare a contatto con un mondo così lontano dal mio e l'idea di potermi rendere utile con ragazzi che hanno camere con vista sulla guerra mi rende orgoglioso. Ma mentirei se negassi, a voi e a me stesso, che chi ha molto da guadagnare da questa esperienza sono soprattutto io.

"Voglio tornare a sporcarmi le mani con la realtà"

Si tratta di un'esperienza completamente nuova per il giudice di X-Factor, che tra una puntata e l'altra dello show di Sky sceglie dunque di raggiungere le vittime della terribile guerra in Siria. Non nasconde, Fedez, di partire anche per fuggire per un po' dalla gabbia dorata della televisione e del successo:

Da qualche anno a questa parte vivo in una sorta di bolla virtuale, una realtà aumentata in cui i sentimenti sono ovattati e le emozioni sembrano di plastica. Per me, che vengo dal basso e so che cosa significhi sputare il sangue per cercare di cambiare vita, perdere il contatto con la realtà è a tratti alienante e inaccettabile. Forse anche per questo ho deciso di vivere un'esperienza che mi faccia immergere in un contesto forte ma, al tempo stesso, drammaticamente vero: per tornare a sporcarmi le mani e la coscienza con la realtà, per ricordare a me stesso che esiste un mondo reale anche al di là delle colonne d'Ercole della nostra percezione e dei nostri privilegi.

Fedez non ha peli sulla lingua nel condannare il mondo di apparenze che è l'entertainment e afferma di sentire l'esigenza di una pausa. Seguendo, se vogliamo, le orme di celebrità come Angelina Jolie, che proprio pochi giorni fa ha visitato un campo profughi in Giordania come ambasciatrice dell'Onu.

So che può suonare ipocrita, ma le luci della ribalta sono una droga che dà assuefazione, uno stordimento costante e piacevole, dal quale ci si può risvegliare soltanto staccandosi fisicamente dal proprio ambiente. Non basta avere consapevolezza di quello che ci circonda. Bisogna anche prenderne coscienza. E io sono in una fase della vita in cui per compiere questo passaggio sento di dover toccare con mano. Sento di dover entrare anima e corpo in un ambiente che mi fornisca una prospettiva senza filtri né comodi punti d'osservazione sulla realtà. Al tempo stesso so di avere un compito importante e di prestigio, e spero di rendermi davvero utile portando qualcosa di buono e concreto a dei ragazzi per i quali nuove competenze tecniche possono significare una carta in più per il proprio futuro. Eppure, parto con la consapevolezza che quando tornerò da questo viaggio, sarò io quello che dovrà ringraziare.

Sono in partenza per il Libano. Ho chiesto ad UNICEF di portarmi per 4 giorni in un campo rifugiati a Beirut per portare avanti un progetto insieme ai bambini che avevo in mente da un po’ di tempo.
Quello che sto per fare è un viaggio molto importante, forse il più importante della mia vita. La prospettiva di entrare a contatto con un mondo così lontano dal mio e l'idea di potermi rendere utile con ragazzi che hanno camere con vista sulla guerra mi rende orgoglioso. Ma mentirei se negassi, a voi e a me stesso, che chi ha molto da guadagnare da questa esperienza sono soprattutto io. Da qualche anno a questa parte vivo in una sorta di bolla virtuale, una realtà aumentata in cui i sentimenti sono ovattati e le emozioni sembrano di plastica. Per me, che vengo dal basso e so che cosa significhi sputare il sangue per cercare di cambiare vita, perdere il contatto con la realtà è a tratti alienante e inaccettabile. Forse anche per questo ho deciso di vivere un'esperienza che mi faccia immergere in un contesto forte ma, al tempo stesso, drammaticamente vero: per tornare a sporcarmi le mani e la coscienza con la realtà, per ricordare a me stesso che esiste un mondo reale anche al di là delle colonne d'Ercole della nostra percezione e dei nostri privilegi. So che può suonare ipocrita, ma le luci della ribalta sono una droga che dà assuefazione, uno stordimento costante e piacevole, dal quale ci si può risvegliare soltanto staccandosi fisicamente dal proprio ambiente. Non basta avere consapevolezza di quello che ci circonda. Bisogna anche prenderne coscienza. E io sono in una fase della vita in cui per compiere questo passaggio sento di dover toccare con mano. Sento di dover entrare anima e corpo in un ambiente che mi fornisca una prospettiva senza filtri né comodi punti d'osservazione sulla realtà. Al tempo stesso so di avere un compito importante e di prestigio, e spero di rendermi davvero utile portando qualcosa di buono e concreto a dei ragazzi per i quali nuove competenze tecniche possono significare una carta in più per il proprio futuro. Eppure, parto con la consapevolezza che quando tornerò da questo viaggio, sarò io quello che dovrà ringraziare

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