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Diego Dalla Palma: “Ho programmato la mia morte, darò tutto in beneficenza”

Hanno fatto scalpore le parole pubblicate sul web da Diego Dalla Palma che, avendo programmato la sua morte perché malato di artrosi, annuncia l’intenzione di vendere i suoi beni e dare il ricavato in beneficenza.
A cura di Stefania Rocco
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Ha diviso le coscienze il lungo post pubblicato su Facebook da Diego Dalla Palma, guru dei visagisti da tempo malato di artrosi come i suoi genitori scomparsi. Il divo dell’estetica e truccatore di alcune tra le donne più belle del mondo, ha annunciato di aver programmato la sua morte (che dovrebbe avvenire all’incirca tra una decina di anni) ma ha aggiunto che, prima di morire, ha intenzione di vendere tutti i suoi beni e devolverne il ricavato in beneficenza a favore dei bambini orfani, degli anziani e dei profughi. Duri alcuni commenti pubblicati in risposta al suo post da parte di chi lo accusa di incitare le persone all’eutanasia:

Quello che leggerete, di seguito, e che mi riguarda, potrebbe lasciarvi un senso di amarezza e stupirvi. Non è questo il mio scopo. Vi prego, anzi, di provare gioia e piacere per ciò che vi sto trasmettendo. Nonostante sia primavera, la mia vecchiaia incombe. Anche se sono sano (a parte l’allergia al glutine e qualche reumatismo) fra non molto la morte sarà per me un passaggio liberatorio. La fine di una vita fortunata ma difficile. […] Mi chiedo: “Che senso ha avuto il mio passaggio sulla Terra?”. Eccola, la risposta: se continuo a percorrere il mio cammino attuale, nessuno. Quindi, di fronte all’ottusità di chi vive di sfarzi, di giornate effimere, di retorica, di superficialità e di egoismo mentre si consuma costantemente il dramma di gente disperata, quello di bambini rapiti, massacrati e privati dei sogni, ho preso una decisione: vendo tutti i mie immobili (di un paio solo la nuda proprietà, poiché devo abitarvi per una decina di anni circa). Parte del ricavato (prevedo di donare un milione o un milione e mezzo di euro) desidero vada devoluta a strutture o iniziative che ospitano e accolgono orfani di ogni parte del mondo, madri con bimbi piccoli, vecchi senza speranza o malati e profughi che fuggono da guerre, pestilenze e carestie. Al fine di migliorare, per quello che posso, un mondo fatto d’ignoranza, violenza e dolore. Un luogo che l’essere umano, usando in modo dissennato e scriteriato la civilizzazione e l’emancipazione, ha reso stupido. […] Il resto, di ciò che ricaverò (esclusa la donazione), lo dividerò tra le mie esigenze e quelle delle rare persone che mi sono davvero care. Perché lo faccio? Perché, invecchiando, ho scoperto (come diceva il grande Mario Rigoni Stern) che non so niente e non sono niente. E che sono solo di passaggio. Che sono qui per una breve, interessante e travagliata vacanza che sta finendo. Inoltre, perché è giusto che qualcuno riceva una vita migliore da un gesto che, per me, è doveroso.  Preciso che sono sereno, determinato e per niente depresso. Desidero semplicemente dare uno scopo alla mia vita. Vita che, se il destino e la buona sorte me lo concedono, desidero non sia lunga più di tanto.

Diego Dalla Palma: "Chiamatelo pure suicidio"

Diego rigetta ogni accusa e si concentra invece sul suo obiettivo che consiste nell’aiutare quanti sono stati meno fortunati di lui. Nessuna strizzata d’occhio verso l’eutanasia (che resta comunque una scelta privata), né lo anima la volontà di provocare scalpore. Solo l’intento di donare un’esistenza migliore a quanti non hanno potuto contare sulla sua stessa fortuna. In più, chiede di essere lasciato in pace soprattutto in relazione alla decisione di scegliere come morire. E alle critiche, numerose, che gli sono piovute addosso, Dalla Palma risponde:

Evidentemente, i miei pensieri di ieri hanno alimentato in molte persone un solo ragionamento: quello collegato al mio desiderio di non vivere a lungo. Invece (e forse questa è una mia colpa), ciò su cui mi voglio concentrare è la donazione che desidero elargire ai bisognosi (soprattutto bambini orfani, vecchi soli e profughi), attraverso la vendita degli immobili che possiedo in Lombardia, nel Veneto e in Sicilia. Ho precisato che di un paio di case (una nel Veneto e la dimora siciliana) sono costretto a vendere solo la nuda proprietà perché conto di abitarci per una decina di anni, o poco più. L’affetto, la stima, la tenerezza di una moltitudine di persone che hanno capito la mia decisione porta luce nuova nella mia vita. Grazie anche a coloro che hanno espresso malignità e cattiveria: era inevitabile. A costoro, dico di guardare e riflettere sui propri mali e su quelli del mondo anziché perdere tempo a odiare. Mi sento graziato dal destino quando percepisco di non somigliare a questa gente.  Per quanto riguarda il tema riguardante la fine della mia vita, desidero sia chiaro che non ho mai fatto mistero di tutto questo: l’ho resa pubblica più di una volta questa mia riflessione e sono da anni iscritto ad Exit, proprio perché voglio programmare lo spegnimento del mio esistere. Qualcuno vuole chiamarlo suicidio? E allora, accidenti, chiamiamolo suicidio. Per me, ha un diverso significato. Per me è solo un pensiero luminoso, positivo e concreto per evitare, fra qualche anno, pietismi, dolori morali e fisici, umiliazioni, atroci torture e corse ad ostacoli continue. Purtroppo, ho ereditato il peggio di certe problematiche fisiche che hanno umiliato e reso infelici i miei genitori negli ultimi anni della loro vita. Quindi, ne devo tenere conto. Ma, lo ripeto, sono sereno, anche se tormentato. Sono sereno, carico di gioia, di impensabili certezze e di nuova poesia. Perciò, se davvero mi volete aiutare, vi prego di non rimproverarmi, compatirmi, lodarmi né, tantomeno, ritenermi un essere speciale o un eroe.  Ieri, nel cuore di Milano, quattro ragazzi Rom suonavano magnificamente i loro violini. Le note che invadevano i portici di corso Vittorio Emanuele trasmettevano i brividi. Mi sono fermato ad ascoltare, con gli occhi rivolti verso il cielo. Al termine della loro esibizione, solo io e un gruppetto di sudamericani abbiamo applaudito questi giovani. Gli altri erano troppo “occupati” a presenziare al Salone del Mobile e impegnati per i preparativi di Expo. Tutto questo, in un mondo in cui la miseria umana e sociale sta dilagando. Tutto questo, mentre muore un bimbo (di stenti o di fame) ogni 26 secondi. Tutto questo mentre annegano centinaia di creature umane, spesso esili, consumate e indifese, nelle acque blu del Mediterraneo in cui galleggiano sovente resti di scarpe da ginnastica sfilate dai piedi dei cadaveri. Tutto questo mentre vecchi sfiniti, con sulle spalle qualche ricordo e qualche rimasuglio delle loro povere certezze contenute in sacchi laceri e sporchi attraversano, esausti, terre e confini. Pertanto, amici, chi scrive qui non è un eroe. […]Per la mia, di morte, c’è ancora tempo! Sparirò quando lo riterrò opportuno, salutando prima le persone che amo (voi compresi). Ho programmato già tutto, nei dettagli, con una lucidità e un senso lirico che mi fa vedere il sole anche nel cuore della notte.

Sono parole consapevoli quelle di Diego, frutto di una profonda ricerca interiore che lo ha spinto a voler lasciare un segno del suo passaggio sulla Terra. E la decisione di mettere fine alla sua vita, tanto attuale in periodo come questo, resta sua e sua soltanto. Fondamentale è il modo in cui ha scelto di farlo.

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