Emilia Clarke: “Il Trono di Spade mi ha rubato la gioventù ma mi ha salvato la vita”
Emilia Clarke ha messo via l'abito (e la parrucca) di Daenerys Targaryen non senza difficoltà. Sul "peso" che ha avuto Il Trono di Spade sulla sua vita professionale e privata ci gioca Vanity Fair, che nell'intervista all'attrice, evidenzia proprio il fondamentale ruolo che ha fatto da propulsore ionico alla sua carriera. A pochi giorni dall'uscita nei cinema del suo ultimo film, "Last Christmas", in uscita il 19 dicembre 2019, in cui cambia radicalmente toni e colori, Emilia Clarke ammette: "La mia ambizione mi ha rubato la gioventù. E mi ha salvato la vita".
Le parole di Emilia Clarke
Emilia Clarke ha raccontato dell'importanza personale di interpretare il personaggio di Kate, venticinquenne che si ritrova nei posti sbagliati e nei momenti sbagliati, nel film che porta il nome della canzone dei Wham! (loro è l'intera colonna sonora del film).
Prima di fare Il Trono di Spade ero in uno stato di caos interiore abbastanza simile a quello di Kate. Ossia, quel momento della vita in cui ti guardi allo specchio e dici: “E cos’è che dovrei fare di me stessa ora?”. L’età che va dai venti ai trenta è quando ti rendi conto tutto d’un tratto di non essere più un adolescente, ma decisamente neanche un adulto. Ti vuoi divertire e non capisci cosa siano le responsabilità. Mi è piaciuto tantissimo potermi calare nel ruolo di qualcuno che non ha bisogno di avere sempre ragione o di essere saggia, che non ha bisogno di essere bella, può essere incasinata e maleducata, si può annoiare da morire.
La responsabilità di essere Daenerys Targaryen
"Travolta dal peso delle responsabilità". Lo confessa senza mezzi termini Emilia Clarke quanto sia pesato portare avanti il personaggio di Daenerys Targaryen in una serie tv che ha avuto un impatto così grande nella vita delle persone.
Io sono stata travolta dal peso di avere una grandissima responsabilità verso la serie, ma sentivo anche di essere una giovane donna a cui era stata data una grande occasione. Sapevo che era un onore e un privilegio poter essere lì e non volevo sprecarlo, non volevo distruggere con la foga e la confusione dei vent’anni una cosa così grande. Non volevo deludere gli altri e non volevo deludere me stessa. Il saggio è stato terapeutico, amo scrivere. Ma questo non significa che io non abbia comunque vissuto il lutto di una gioventù non vissuta. All’inizio del mio lavoro pensavo “cavolo, dovrei essere lì fuori a divertirmi come gli altri: vento nei capelli, niente responsabilità, libertà totale".
I due aneurismi cerebrali
Ad aggiungere un ulteriore livello di difficoltà, anche i problemi di salute negli ultimi anni. Daenerys Targaryen l'ha aiutata a superare la sua malattia: "Il senso di responsabilità è radicato nel mio Dna. Il mio monologo interiore, quando sono stata in ospedale, è sempre stato: “Non ho tempo per pensare a questioni di vita o di morte. Devo andare avanti. Devo tornare al lavoro”. Quel monologo non era un peso, era la mia motivazione. È da lì che viene la mia ambizione ed è al 100% la cosa che mi ha salvato la vita. Siamo così abituate a essere sminuite, le persone pensano che una non sia in grado di fare qualcosa a causa di un paio di tette. La sfida di voler dimostrare il contrario è stata la cosa che mi ha tenuto in vita".