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Fioretti: “Chiuse le carte di credito di Astori, mi avrebbero rispettata se fossi stata sua moglie”

Mentre l’Italia le si stringeva intorno per comunicarle la propria solidarietà, Francesca Fioretti, già provata, combatteva contro la burocrazia cieca che ha faticato a riconoscerle i diritti che le sarebbero spettati se fosse stata la moglie, e non la compagna, di Davide Astori. Adesso, lungi dal sentirsi un esempio, si augura che il suo caso serva da monito per il futuro: “Sono sicura che se fossi stata la moglie di Davide non mi avrebbero mancato di rispetto”.
A cura di Stefania Rocco
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Che cosa resta a una giovane madre che, per un fato avverso e crudele, si ritrova a perdere l’altra metà del suo cuore? Dipende da un certificato, quanto mai banale, di matrimonio. È questo ciò che Francesca Fioretti, vedova di Davide Astori, è stata costretta a sperimentare sulla sua pelle. Mentre l’Italia intera le si stringeva intorno, sconvolta dalla morte di un giovane campione di calcio, padre di una bambina di nemmeno 2 anni, Francesca si è ritrovata a dover fare i conti con l’ultima bruttura che si aspettava di dover fronteggiare: una burocrazia cieca che l’ha trattata da vedova di serie B.

L’altra metà di una copia di fatto

Nell’intervista rilasciata a Vanity Fair a quasi due anni dalla morte di Davide Astori, Francesca denuncia il trattamento ricevuto dopo la morte del suo compagno. Rimasta sola a 32 anni, con l’onere – e l’onore, ma questo è un fatto privato e complesso – di una figlia da crescere, questa giovane donna si è ritrovata a dover dimostrare il suo ruolo nella vita di Davide. Come se non bastasse il progetto di vita condiviso, il fatto di avere concepito il frutto di quell’unione scevra di riconoscimenti legali. “Sono sicura che se fossi stata la moglie di Davide, in un Paese in cui le coppie di fatto sono trattate come abusive, le cose sarebbero andate diversamente e non mi avrebbero mancato di rispetto” racconta Francesca, il cuore ancora provato da quel distacco brusco e inaspettato. E in un momento in cui gli impedimenti legali dovrebbero rappresentare l’ultimo degli ostacoli da fronteggiare, la Fioretti se ne è dovuta far carico:

Mi sono accadute cose kafkiane. A poche ore dalla morte di Davide sono state bloccate le carte di credito in comune, con le quali sostenevamo le spese familiari, e ho scoperto che per i prossimi 15 anni avrei dovuto avere a che fare con un giudice tutelare. Io sono stata veramente fortunata. Ho incontrato una donna saggia e illuminata che si è resa conto del percorso di tutela, del cordone di protezione che avevamo recintato intorno a Vittoria. Ma se penso che altre donne rischiano di trovarsi a stretto contatto con una burocrazia complessa o con persone che potrebbero applicare le regole di una tabella impersonale senza andare in profondità mi vengono i brividi.

I diritti negati a chi sopravvive

Che cosa succede a chi, in una coppia, sopravvive all’altro? Francesca adesso lo sa. E se “fortunata” è il termine più improprio cui fare ricorso quando il mondo le è crollato addosso, la Fioretti è costretta a usarlo. Ci sono donne – e uomini – che si ritrovano sole, calpestate dalla vita e, in ultimo, anche da quella parte di burocrazia che attinge alla sfera del diritto familiare:

Ho sempre lavorato e guadagnato, ma penso ai tanti che si trovano nella mia situazione e ai quali non è riconosciuto alcun diritto. Non voglio essere un esempio per nessuno, ma se la mia storia dovesse servire veramente a qualcuno, spero aiuti a cambiare la legislazione. A non far trovare nella mer** chi resta solo da un momento all’altro. E a non distinguere tra amori di serie A e di serie B. Matrimonio non è l’unica possibile definizione di un’unione.

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