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Gabriele Muccino sul fratello Silvio: “Facemmo un patto, non sono riuscito a riportarlo da me”

È uscito il 12 ottobre il libro La vita addosso – io, il cinema e tutto il resto è uscito il 12 ottobre ed è la prima autobiografia di Gabriele Muccino. Due pagine su oltre trecento sono dedicate alla rottura con suo fratello Silvio: “È successo qualcosa che ci ha fatto interrogare per anni, però poi si sviluppa un anticorpo che è quello dell’elaborazione del lutto. Solo che quando si è morti veramente, l’elaborazione dura anche meno, quando invece il morto è un vivente è ancora più doloroso”.
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È uscito il 12 ottobre il libro La vita addosso – io, il cinema e tutto il resto è uscito il 12 ottobre ed è la prima autobiografia di Gabriele Muccino. Ospite nella redazione di Fanpage.it, il noto regista ha parlato di come l'impeto irrefrenabile nei suoi film sia la traduzione di un incontinenza emotiva impossibile da arginare: "Siamo tutti mucciniani, anche Bergman in Scene da un matrimonio lo era". Poi, in due pagine ci sono le uniche parole spese sulla rottura con suo fratello Silvio:

Ho sofferto moltissimo, mi è stato staccato un organo perché mio fratello è nato quando avevo 15 anni e gli ho fatto da padre nonostante nostro padre esistesse e fosse ben presente. Ci fu però una cosa che ci dicemmo e non l’ho raccontata nemmeno nel libro. Gli dissi che gli attori spesso perdono l’orientamento, perché è un mestiere complicato che ti sottopone a giudizio continuo, quindi gli proposi un patto: se uno dei due a un certo punto avesse perso la lucidità, l’altro lo avrebbe dovuto salvare. E io quel patto ho cercato di mantenerlo fino alla fine, ho fatto di tutto per recuperarlo e riportarlo da me, dove avrebbe potuto essere al sicuro.

"Quando il morto è un vivente, il lutto è ancora più doloroso"

Un rapporto che ha portato a fargli vivere un lutto in presenza, qualcosa che nel tempo è stato difficile collocare ma che ha necessariamente trovato un posto. Oggi, il non stimarlo più come una volta, gli ha permesso di smettere di soffrire:

È successo qualcosa che ci ha fatto interrogare per anni, però poi si sviluppa un anticorpo che è quello dell’elaborazione del lutto. Solo che quando si è morti veramente, l’elaborazione dura anche meno, quando invece il morto è un vivente, e non sai nemmeno dove abita, è ancora più doloroso. Questo lutto l’ho elaborato a tal punto da non ammirare più mio fratello come lo ammiravo fortemente prima, da non stimarlo e non conoscerlo più perché non so chi sia dopo 14 anni. Solo così, da qualche anno ho smesso di soffrire.

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