Gay pride 2014: l’Italia dei famosi è ancora restia al coming out?
Nella giornata dedicata al Gay Pride pare assolutamente inevitabile che l'attenzione non si concentri a pieno su un tema così delicato e sempre più al centro della discussione pubblica. Mai come negli ultimi anni, a favorire la centralità della questione è stato lo sponsor, probabilmente involontario, che il mondo delle celebrità ha fatto in sostegno della comunità LGBT. Comunità oggi è ben lontana da quella minoranza che poteva rappresentare diversi anni fa, forse sottostimata per reticenza dovuta a società e culture molto meno predisposte all'accoglienza e alla discussione. Star oltremanica e oltreoceano non sembrano oramai soffrire in alcun modo (giustamente) la loro identità sessuale.
Elton John, Ricky Martin, icone della comunità gay
Vengono subito in mente Elton John e il suo compagno, genitori a tutti gli effetti così come Ricky Martin e la sua metà, che hanno adottato ben due bambini (Matteo e Valentino). Allo stesso tempo sono diventati dei veri e propri simboli iconici dell'omosessualità dichiarata personaggi come la conduttrice Ellen Degeneres, il cantante George Michael, l’attrice Jodie Foster, protagonista di un coming out piuttosto recente e magari un po' tardivo, l’attore Matt Bomer, che invece con il suo ha deluso milioni di fan, e ancora Rupert Everett e Tom Ford. Insomma, pare lampante come all’estero la naturalezza dell’ammissione pubblica quasi non preveda più la trafila del coming out (una piccola rivoluzione che eliminerebbe l’iniquità residua di cui la comunità omosessuale è vittima).
Da Tiziano Ferro a Dalla, la reticenza delle nostre star?
A differenza di quanto possa accadere oltreoceano o aldilà della manica, la percezione è che in casa nostra, a dispetto della notorietà, star di ogni tipo avvertano ancora una certa fatica nel potersi esprimere liberamente. Una valutazione forse motivata anche da esterofilia, ma che comunque affonda le proprie radici su dati abbastanza evidenti che gli ultimi anni ci hanno consegnato. Uno su tutti, eclatante, quello riguardante Tiziano Ferro, della cui omosessualità nei primi anni di carriera parlavano solamente i pettegolezzi sulle riviste patinate. Sta di fatto che solo dopo anni di silenzio, il cantante ha deciso di confessare la proprio identità sessuale, motivando la sua scelta in un libro autobiografico ed affermando di non averlo mai negato, semmai omesso. E rimanendo nell'ambito musicale come non si può scomodare il nome sacro di Lucio Dalla, la cui omosessualità nota e forse da lui mai nascosta, in anni diversi da quelli contemporanei, era sempre passata come cosa risaputa che forse non dovesse essere pronunciata, sulla quale regnava un regime di silenzio assenso, avvalorato anche dai risvolti successivi alla sua morte e la negazione totale da parte della famiglia di qualsiasi diritto a Marco Alemanno, persona che molti riconoscevano in quanto compagno del cantautore.
Il tabù dell'omosessualità nel calcio italiano
Ma non è solo la musica il contesto in cui si sia manifestato questa specie di blocco, perché basta riflettere a quel che accade nel mondo del calcio, lì dove da qualche anno si parla insistentemente della possibile, e assolutamente plausibile, presenza di persone omosessuali, corrispondente al silenzio totale in merito a questa eventualità. Lo stesso Commissario Tecnico Cesare Prandelli, dimissionario dopo la disfatta dell'Italia con l'Uruguay, diversi mesi fa invitò quei calciatori eventualmente gay a fare il passo avanti del fatidico coming out, con Di Natale che rispose: "E' impossibile". Tuttavia sembriamo davvero lontani da questo passo, a differenza di quel che accade in Spagna, dove è divenuto iconico il bacio appassionato tra calciatori del Siviglia Ivan Rakitic, capitano della squadra spagnola, e il difensore portoghese Carrico. Oppure come accaduto in America in Nba, il basket non è certo uno sport meno maschio, dove il cestista Jason Collins ha dichiarato a tutti di essere gay con la massima serenità.
Quando il coming out non sarà più necessario
Gli esempi potrebbero essere tanti, e forse, lo si ripete, condizionati dalla solita e a volte fuorviante idea che tutto quanto accada all'estero sia meglio di quanto avviene nel paese in cui si vive, specie se si tratta dell'Italia. Ma la domanda è legittima, e condizionata da una speranza: quanto altro dovremo aspettare prima che chiunque possa dichiararsi omosessuale senza problemi, anzi svincolarsi totalmente dall'obbligo di dover informare qualcuno di esserlo in forma preventiva? Le parole di Gino e l'Alfetta di Daniele Silvestri risuonano forti e mai fuori luogo: "Preferisci pensare che il gay sia una sorta di errore, una cosa immorale, o nel caso migliore, un giullare, un fenomeno da baraccone. E lo tollererai solo in quanto eccezione e lo tollererai solo in televisione: lo chiamano gay e tu pensi ricchione".