La tomba di Funari trascurata, le accuse alla vedova: “Vergognati”
Al Cimitero Monumentale di Milano c'è la tomba di Gianfranco Funari, il popolare conduttore e giornalista romano morto nel 2008. Tre foto incollate male vicino ad una lapide adornata con fiori finti, due rose appassite ed un lumino spento. Non dovesse bastare questo a sottolineare le tristi condizioni del luogo dove riposa lo storico personaggio televisivo, colpisce anche l'epigrafe scritta a mano, recante data di nascita e morte e persino l'epitaffio, da lui voluto, "Ho smesso di fumare". Appena sotto, scritto sullo scotch che mantiene le rose appassite, scritto a penna un messaggio dei visitatori per la vedova, "Moglie Vergognati". E' il servizio realizzato in esclusiva da Oggi.it che ha intervistato proprio la vedova, Morena Zapparoli Funari, che si è difesa dalle accuse, spiegando le ragioni di una tomba così trascurata:
Non è stato ancora raggiunto un accordo sull’eredità e sulla divisione delle spese con Carlotta, la figlia di Gianfranco… Ci sono spese da affrontare e io non mi vergogno a dire che la mia situazione economica non è florida. Non c’è nessuna ricca eredità da spartire, come qualcuno magari pensa. Ci sono solo la casa di Boissano, in Liguria, la sua vecchia Jaguar, qualche mobile, qualche quadro. Se le questioni ereditarie andranno ancora per le lunghe, anticiperò io le spese d'iscrizione sulla lapide. Dopo la scomparsa di Gianfranco, andavo al cimitero tutte le settimane e gli portavo i fiori freschi. Io mi sento la coscienza pulita, non mi importa se qualcuno mi dice di vergognarmi… E non temo di perdere la pensione di reversibilità di Gianfranco, che, tra l’altro, non è affatto ricca. Io prendo poco più di 300 euro al mese, visto che una quota spettava anche alla prima moglie.
Sono passati cinque anni dalla morte di Gianfranco Funari, quello che appare dal servizio di Oggi.it e che, beghe per l'eredità a parte, nessuno tra i vivi cari al conduttore, si è preso la biga di anticipare le spese per la sua lapide. E' bello pensare che, nella sua grande ironia e in quella romanità innata, dall'alto Funari gliene dica un paio delle sue.