Vittoria Puccini: “Mia madre è morta di cancro, un dolore a cui non ci si abitua mai”
Come ha già fatto Angelina Jolie prima di sottoporsi alla doppia mastectomia la cui notizia ha fatto il giro del mondo, anche Vittoria Puccini ha fatto degli esami diagnostici per scongiurare il rischio di ammalarsi di tumore. Lo rivela lei stessa nel corso di un’intervista rilasciata a Vanity Fair. L’ex compagna di Alessandro Preziosi racconta di aver perso la madre a causa di una forma particolarmente aggressiva di tumore al seno. Questo male potrebbe essere ereditario, ed è per questo che la donna ha deciso di sottoporsi a una serie di esami volti a scongiurare il rischio di ammalarsi:
Mia madre è morta di cancro quando aveva 59 anni. Già allora una dottoressa amica me lo disse: fai le analisi, perché hai altri casi nell’asse ereditario, ed è aggressivo. Ma io avevo altro di cui preoccuparmi: andare avanti. […] Sono andata, l'ho fatto anche per mia figlia. […] Sono state settimane interminabili e inquiete. Ero in vacanza quando mi è arrivata la telefonata. Buone notizie, urlo liberatorio.
Qualche anno dopo, sarebbe morta dello stesso male anche Graziella Bonacchi, l'agente che sarebbe anche diventata la sua seconda madre:
Quando mi prese non ero nessuno: appena trasferita a Roma, cercavo consigli e una direzione. Un amico mi mandò da lei: “È tosta, ma è la migliore”. Mi aspettavo due dritte, e invece mi guarda: “Io ti prendo”. Da lì, è stata una seconda mamma, l’unica davvero capace di rimettermi in piedi quando persi la mia. Ero nel buio più nero. Mi disse: “Non puoi fermare anche la tua vita, Vittoria. Lei non lo vorrebbe. E non c’è peggior dispetto che puoi farle: già ti amava e se n’è andata. Rialzati, subito. Glielo devi”.
L’esempio di Angelina Jolie
A darle coraggio anche la storia di Angelina Jolie, che ha scelto di rinunciare a una parte preziosa di se stessa pur di poter rimanere accanto ai suoi figli per il maggior tempo possibile:
Dove i più si erano sempre arrampicati in perifrasi come “male oscuro”, “malattia incurabile”, lei trovava il coraggio di chiamarlo per nome, uno solo, il suo: “cancro”. E parlandone pubblicamente, consegnandolo all’umanità, lo rendeva già più chiaro e curabile. Si era fatta asportare i seni per prevenire il rischio di sviluppare quel cancro che era stato fatale per sua mamma, sua nonna e sua zia. Lei le analisi le aveva fatte, scoprendo di avere la mutazione del gene Brca1 e Brca2, che per gli oncologi significa portare in corpo una predisposizione forte di ammalarsi al seno e alle ovaie.