L’operatore che ha accompagnato Corona durante l’aggressione: “Lui era a terra, io sono fuggito”
Ivan D’Ignoti, l’operatore video che ha accompagnato Fabrizio Corona nel Boschetto di Rogoredo per realizzare le riprese del servizio concordato con Non è l’Arena a proposito delle piazze di spaccio a Milano, racconta l’aggressione subita. L’uomo era insieme a Fabrizio quando è stato aggredito e sui social ha ricordato quei momenti terrificanti. Sarebbe stato Corona a uscirne peggio. Lui, per fortuna, se l’è cavata solo con qualche graffio.
Il racconto di Ivan D’Ignoti
D’Ignoti ha pubblicato un posto sul suo profilo Instagram in cui racconta l’accaduto: “HO AVUTO PAURA…Ieri sera, durante un servizio per “Non è l’Arena” su La7, con Fabrizio Corona siamo stati vittime di un’aggressione da parte di alcuni pusher mentre stavamo realizzando un servizio nel cosiddetto Boschetto di Rogoredo, la principale piazza di spaccio di droga alla periferia di Milano. Siamo stati soccorsi da diverse pattuglie dei carabinieri, io l’ho fortunatamente scampata con qualche graffio alle ginocchia, mentre Corona ha rischiato il peggio. Avevamo delle camere nascoste e insieme ci siamo addentrati nel bosco. In cima a una collina, abbiamo trovato diverse persone, che si sono fatte subito avanti con fare minaccioso… Hanno riconosciuto Fabrizio, a quel punto ci hanno messo le mani addosso, togliendoci cellulari e documenti, abbiamo provato a scappare ma nella fuga Fabrizio è stato travolto da un paio di spacciatori aggredendolo per terra, mentre io sono riuscito a fuggire ed evitare l’aggressione, senza più una torcia in mano e correndo tra le siringhe e gli “zombie” vaganti nel bosco buio! Ho visto Fabrizio veramente in difficoltà, sono davvero provato! Non sono felice per nulla! Oggi è un giorno NO! Ho avuto veramente paura! Voglio divertirmi col mio lavoro, e non rischiare la vita!”.
La versione di Fabrizio Corona
Corona ha raccontato l’aggressione subita a poche ore da quel momento. Dopo essere stato soccorso da un’ambulanza, l’uomo ha spiegato a quanti lo seguono cosa fosse accaduto: “Mi sono recato al Bosco di Rogoredo, patria nazionale dello spaccio italiano, dove anche la polizia si rifiuta di entrare. Mentre le uniche inchieste realizzate sono state fatte di giorno da giornalisti accompagnati da polizia di scorta a circondare la zona io mi sono recato lì solo con un operatore e un fonico per raccontare il parallelismo della mia tossicodipendenza e quella che colpisce l'Italia e la povera gente che vede uno stato inerme e una polizia disinteressata. Mi tenevano in quattro e uno mi puntava il coltello: chissà perché non mi ha dato una coltellata”.