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Lucarelli replica alla condanna per diffamazione: “Farò appello, la satira andrebbe sempre difesa”

Selvaggia Lucarelli replica sulla sua pagina Facebook alla notizia della condanna per diffamazione ai danni di Barbara D’Urso. “È una sentenza di primo grado, NON definitiva” ha commentato la blogger “farò appello, la satira va difesa sempre ed eventualmente a proprie spese”.
A cura di Eleonora D'Amore
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Dopo la diramazione di un comunicato relativo alla condanna a 700 euro e al risarcimento danni a carico di Selvaggia Lucarelli, rea secondo il tribunale di Milano di aver ‘offeso gratuitamente' Barbara D'Urso, la replica della nota blogger non è tardata ad arrivare. Con un post sulla sua pagina Facebook, la Lucarelli ha voluto specificare che la sentenza per reato di diffamazione è di primo grado, quindi non definitiva, e che è nelle sue piene intenzioni la volontà di ricorrere in appello. Di seguito il messaggio integrale:

Riguardo la sentenza D'Urso secondo la quale ho diffamato la signora (la quale querela me e altri giornalisti con una periodicità commovente), vorrei solo specificare che trattandosi di una battuta e convinta che la satira vada difesa sempre ed eventualmente a proprie spese, farò appello. Questo significa che i comunicati stampa trionfali della signora e del suo avvocato a me vanno anche benissimo, però, per amor di precisione, è una sentenza di primo grado, NON definitiva, e inoltre non ho dovuto liquidare alcuna somma, per cui annunciare "Barbara D'Urso devolverà il risarcimento ad una delle battaglie sociali che le stanno più a cuore, quella contro la violenza sulle donne", è mediaticamente d'effetto, ne convengo, ma quantomeno prematuro. Col cuore. P.S. Nel caso dovessero condannarmi anche all'appello, vorrà dire che da quel momento retwitterò battute di altri, ma dicendo "Io mi dissocio eh". Qualcuno usa farlo, ma non ricordo chi.

La notizia della sentenza diramata dal legale della D'Urso

La notizia della sentenza, diramata dal legale di Barbara D'Urso, Salvatore Pino, conteneva la decisione del Tribunale di Milano, nella persona del giudice La Rocca: "Il tweet, ultimo di una serie di commenti al vetriolo e sovente di pessimo gusto aveva indotto Barbara D'Urso a sporgere una querela che, dopo le indagini svolte dal pm Gobbis, aveva portato la Lucarelli a giudizio. Nel corso del processo, l'imputata si è sempre rifiutata di porgere le proprie scuse alla persona offesa. Barbara D'Urso aveva evidenziato come il commento di Lucarelli fosse gratuitamente offensivo, basato su fatti falsi e manifestamente incontinente, travalicando i limiti della libera manifestazione del pensiero per ledere direttamente l'altrui reputazione".

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