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Rudy Zerbi e il compleanno del figlio Leo: “Ringrazio il Signore per aver salvato madre e figlio”

Il volto televisivo fa gli auguri al piccolo Leo ricordando i momenti di paura nelle ore della sua nascita, quando la compagna stava rischiando di morire.
A cura di Par. And.
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Rudy Zerbi non ha ancora dimenticato, e forse non dimenticherà mai, lo spavento vissut tre anni fa, quando la sua compagna rischiò di morire per le complicazioni del parto. Momenti terribili che oggi continua a ricordare con la reminiscenza di una grande paura e la fortuna che tutto sia andato per il moglie.

Il messaggio di Zerbi a suo figlio

In occasione del compleanno del piccolo Leo, il professore di Amici e conduttore radiofonico, oltre che volto televisivo, ha pubblicato un ricordo commosso di quei momenti: "Oggi Leo compie tre anni. La storia del nostro piccolo grande guerriero ve l’ho già raccontata, non voglio tornarci sopra. Grandi ansie, paure e poi, per fortuna, un lieto fine". Poi continua:

Ogni anno che passa però, non smetto di ringraziare il Signore per aver salvato mamma e figlio e di ricordare gli amici che hanno fatto sì che questa brutta storia avesse un lieto fine. Non riesco ad immaginare a come sarebbe stata la mia vita senza Leo e sua madre e mi considererò per sempre un privilegiato, qualsiasi cosa mi accada nella vita.

Il racconto di quel giorno drammatico

Quello che è successo tre anni fa Zerbi lo aveva raccontato in un'intervista del 2015 che sintetizzava alla perfezione il dramma potenziale di quella vicenda con l'immagine di un produttore che lo tira per un braccio avvertendolo del malore di sua motlie, mentre era in corso una registrazione:

Dieci mesi fa è nato Leo, il mio ultimo figlio. Al settimo mese di gravidanza la mia compagna, Maria, ha avuto un distacco totale della placenta mentre era a casa da sola. Io ero in studio, con il telefono staccato. Gli assistenti hanno cominciato a farmi cenno di uscire, ma io dicevo: un attimo, abbiamo quasi finito. È dovuto venire il produttore a prendermi per un braccio. Quando sono arrivato all’ospedale le infermiere piangevano: stavano morendo sia Maria sia Leo. L’hanno fatto nascere in corridoio ma, una volta nato, aveva bisogno di cure speciali e solo pochi ospedali a Roma hanno le incubatrici per i prematuri gravi, e quel giorno erano tutte piene. Così ci hanno mandati al Casilino, un ospedale di periferia. Lì mi sono reso conto che, nell’emergenza, chi fa la differenza sono proprio gli infermieri, gente che fa fatica ad arrivare alla fine del mese, che lavora, condivide e piange con te. I bambini che salvano diventano i loro figli, ti chiamano quando torni a casa, ti chiedono di mandare le foto, organizzano una festa all’anno per incontrare di nuovo i bambini salvati. Lì vedi la verità.

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