Fabrizio Corona: “Il carcere mi ha reso una persona migliore”
Si torna a parlare di Fabrizio Corona, questa volta in un'intervista che lui stesso ha concesso a firma di Giuseppe Guastella per il "Corriere della Sera". Sono passati 14 mesi da quando il paparazzo (o forse dovremmo dire ex?) è al carcere di Opera (per tre mesi circa al carcere di Busto Arsizio) per scontare la sua condanna, oggettivamente eccessiva, di 14 anni e due mesi per le sentenze sul caso "Vallettopoli", ridotto, tra sconti di pena e altre detrazioni, a 6 anni e undici mesi. Molte vicende sono ancora in via di definizione, intanto Fabrizio Corona fa sapere che, in un certo senso, il carcere lo ha come "migliorato.
Sono sempre lo stesso, il dna non lo puoi cambiare. Però sono migliorato, in tante cose. Sono più vero, più lucido e più uomo perché ho visto gente soffrire e morire, ho visto il tormento, la paura, lo sconforto, la vera solitudine e l’abbandono, ho capito cosa sono la cattiveria e la vera violenza. Tutto questo mi ha reso più forte. Nei miei confronti non c’è mai stata parità di giudizio: o scandalosamente innocente o dannatamente colpevole. È sempre stata solo una questione di simpatia o preconcetto, pregiudizio. Qui mi sono reso conto ancora di più dell’ipocrisia della giustizia italiana, che non è egualitaria. Assassini colpevoli condannati a 12 anni e solo presunti condannati all’ergastolo, anni di pena dati come fossero noccioline in carceri dove il concetto di rieducazione non esiste, dove le condizioni di vita, di igiene, di convivenza sono disumane e vergognose.
Dal patteggiamento rifiutato alla riduzione di pena, Corona parla per estremi, dal suo momento peggiore a quello dove la tensione finalmente si abbassa. Rifiutò il patteggiamento ad otto mesi per Vallettopoli e fu il suo più grande errore:
Un'indagine assurda, ma nessuno ha ancora avuto il coraggio di ammetterlo, a causa della quale ho preso tre condanne, compresi i 3 anni e 10 mesi per bancarotta, dopo aver risarcito il danno. Da incensurato fui arrestato e portato a Potenza, feci un mese di carcere duro con quel Pepe Iannicelli, boss delle ‘ndrine bruciato vivo due mesi fa con la fidanzata e quell’angelo di suo nipote di soli 3 anni. È normale che dopo 4 mesi di detenzione preventiva sono uscito arrabbiato. Ce l'avevo con il mondo intero ed ho commesso un sacco di errori.
Il 10 febbraio 2014 la riduzione della pena e la pressione che, dopo un anno di inferno, finalmente inizia ad allentare la presa:
Dovevo solo sperare di trovare un giudice che avesse il coraggio di guardare gli atti, studiarli e fare giustizia senza timore di ferire i benpensanti e i finti moralisti. Un giudice capace di prendersi delle responsabilità, onesto, vero, giusto. L’ho trovato. Questo giro, finalmente, mi è andata bene. Ricordo lunedì 10 febbraio. Scendevo le scale per andare in sala avvocati come un robot. Quando si è aperta la porta ho guardato gli avvocati negli occhi. Mi hanno fatto un grande sorriso e ho ripreso a respirare.
Fabrizio Corona è una persona completamente diversa, molto attiva per migliorare la vita dei detenuti
Quando ero a Busto Arsizio ho inventato un portale innovativo per i detenuti, ho raccolto circa 70 mila euro per loro, ho scritto un libro, ho lavorato come portavitto e sono riuscito dal carcere a mandare avanti la mia azienda senza farla fallire e mi sono mantenuto in forma allenandomi per almeno un’ora al giorno. Ho sempre tenuto vivo il cervello e ho ripulito l’anima
La ricerca del primo permesso. Fabrizio Corona non ha ancora ottenuto un permesso d'uscita, ma sa già dove andare quando quel giorno arriverà.
Mi manca tantissimo mio figlio e mi mancano da morire le emozioni quotidiane che la vita ti dà. Qui, in parte, è come essere morti. […] Vado a scuola a prendere mio figlio. È un anno che mi immagino questa scena, e so che solo quando lo vedrò uscire mi renderò conto di quante cose ho buttato nella mia vita, quante cose ho veramente perso