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Guendalina Tavassi sotto processo al Grande Fratello 11, video

Un processo inscenato per trovare i colpevoli dei furti e degli scherzi importuni nella casa del Grande Fratello, si trasforma in un atto d’accusa contro Guendalina Tavassi, indiziata speciale nonchè colpevole desiderata da tutto il gruppo maschile, eccezion fatta per Andrea e Nando.
A cura di Giuseppe Senese
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In un contesto caldissimo si mette in scena un processo per trovare i responsabili di tutti i furti avvenuti in casa, ma l'indiziata speciale è solo una, Guendalina Tavassi

Visto che l’atmosfera natalizia stenta a decollare nella casa del Grande Fratello 11, si decide di rubare il carbone alla Befana, farne un enorme falò, e mettere al rogo la strega Guenda. A scatenare il Medioevo è un furto di pizze e sigarette, che richiama col Medioevo l’inquisizione discutibilmente santa. I più accaniti difensori della moralità sono, per ragioni diverse, Davide Baroncini, Pietro Titone, e Matteo Casnici. Davide presiede la seduta organizzata lì per lì, e stabilisce le regole: non ci si alza finchè tutte le magagne della casa, dalla preistoria ai giorni nostri, non vengano fuori, complete di colpevoli e scuse pubbliche.

I toni sono inizialmente rassicuranti, ma non appena Guendai confessa di essere stata l’ideatrice dello scherzo dei cuscini, che aveva provocato una lite furiosa tra Guendalina Tavassi e Ferdinando, gli intenti nascosti vengono alla ribalta, trasformando la sobria atmosfera iniziale in un attizzatoio di rancori pregressi, tutti convergenti verso la romana. In questo frangente Davide alterna sprazzi di pura prepotenza a compiacimenti da imperatore clemente, Pietro è monocorde, sfruttando l’occasione per fustigare l’ex “amica”, e Matteo è irrefrenabile, mosso da un senso della giustizia da cavaliere senza macchia e senza peccato, che senza remore e senza pietà minaccia la qualsiasi. Si inserisce tra gli inquisitori anche Ferdinando, che non si fa sfuggire la ghiotta occasione di massacrare il nemico comune.

Il processo procede, e si passano in rassegna gli altri furti e le altre sparizioni sospette, ma nessuno apre più bocca. Prendendo atto della fallimentare riuscita, Davide Baroncini chiude il processo, e lo continua a circolo chiuso, insieme alla sua schiera, convenendo quanto in pubblico aveva provato a dire, ma non aveva osato ancora: il colpevole dei furti deve abbandonare la casa, e se l’inquisizione purtroppo non ha ancora questo potere, ed il Grande Fratello ha un calo di voce, l’unica maniera sarà quella di torturarlo finchè non cede, cosa che nella pratica quotidiana si traduce in un becero: “rendiamogli la vita impossibile tutti quanti contemporaneamente, e vorrà uscire da solo nel giro di un giorno”. Tutti ovviamente stanno parlando avendo in mente un solo nome: Guendalina Tavassi, la cui colpevolezza in realtà non è stata ancora provata. E calano le tenebre sulla casa del Grande Fratello, che dopo gli ultimi sussulti di umanità e disumanità, si lascia sprofondare nel sonno dei giusti e degli ingiusti.

La notte porta consiglio a Pietro Titone, bisbigliandogli di prendere il sole mentre sta nascendo, e di usarlo per riattizzare il rogo, perchè potrebbe spegnersi. Così è: Pietro va a provocare la strega non appena sveglio, e le alte sfere del tribunale convergono in cucina, attirati dall’odore di carne bruciata. Il processo ricomincia, questa volta “per strada”, senza parrucconi e ciprie nobiliari. Ma Guendalina è sul suo terreno, stavolta, e reagisce senza mezze misure, accusando il tribunale di non cercare la verità, ma UNA colpevole in particolare. Tant’è che confessa d’aver bevuto del vino insieme alle ragazze, e nessuno ha detto niente alle altre.

Un capo d’accusa insperato per l’inquisizione, che apre un nuovo processo. Davide, conscio del suo ruolo di presidente, sottolinea che sono censurabili tutte le ragazze, ma manca ancora un tassello: le scuse pubbliche di Guendalina Tavassi. Lei si rifiuta, portando avanti un ideale per cui scherzi e magagne non sono cose che meritino processi e scuse. I censori vacillano, e consultano la sacerdotessa Ilaria Natali, la quale sentenzia: “vogliamo parlare delle creme?”. La sua rivelazione riguarda il fatto che Guenda prende per sè prodotti di igiene che dovrebbero essere a disposizione di tutti.

La realtà è che Guendalina usa quei prodotti a parte perchè si lava in bagno, e non in doccia, quindi, onde evitare circumvallazioni chilometriche per prendere un bagnoschiuma, lo tiene a portata di mano. Bastava ammettere di non aver pensato che in casa potessero mancare, e la romana avrebbe accantonato con stile l’ennesimo capo d’imputazione. Ma il processo ha preso una piega talmente personale che Guendalina Tavassi preferisce non concedere più nulla a nessuno, e difendere tutto, dall’azione sbagliata alla azione giustificabile, senza risparmiare colpi bassi.

La sua difesa quindi presenta delle lacune evidenti, sulle quali si decide di far leva per avere la prima prova della sua colpevolezza, quella che finora era mancata agli inquisitori. Ci pensa la sacerdotessa, approfittando dell’assenza di Guenda per prendere il suo beauty case, portarlo al centro dell’aula di tribunale, e farlo ammirare a tutti condito del suo ghigno: nel beauty case c’è la prova ultima che Guenda è una ladra, visto che campeggia lì dentro il bagnoschiuma. Guenda, tornando, è inorridita dalla scena, nonchè dal fatto che si siano prese le sue cose senza mandato di perquisizione, e ricorda a tutti che non solo non c’era bisogno di un gesto tanto meschino come sottrarle il beauty case e metterlo al centro della stanza, ma se si voleva esser giusti, bisognava frugare in tutti i beauty case, visto che il processo dei giusti era verso ignoti, e non verso Guenda.

Alla fine s’allontana per riportare il suo beauty in stanza, e qui le telecamere riprendono movimenti sospetti. Nella solitudine della stanza delle ragazze, Guenda armeggia con degli oggetti, dislocandoli in posti diversi da quelli originali. Poi torna in salone, e chiede di perquisire anche le borse delle altre ragazze. Si muove la Sacerdotessa Ilaria in persona, ed emerge che anche le altre ragazze tenevano per sè oggetti comuni. Rosa afferma di aver trovato nel suo beauty oggetti personali che erano fuori da esso, pur non negando di averne di comunitari. E’ possibile sia stata Guenda a riporveli approfittando dei pochi minuti di solitudine, quindi sono necessarie due note: 1) le riprese di quei minuti non aiutano a chiarire, perchè in realtà non si vede la romana riporre oggetti nel beauty di Rosa, 2) ammesso che così fosse, non ce n’era bisogno, perchè sui comodini delle ragazze c’era di tutto, e bastava per dimostrare la tesi di Guenda, anche senza barare.

La situazione si esaspera, e avviene l’ennesimo miracolo: la sacerdotessa parla con una voce finora sconosciuta: urla. Si direbbe quindi il carattere lo abbia, ma evidentemente le vien fuori quando le streghe hanno un bagnoschiuma in più, non certo quando Pietro Titone litiga con Ilaria o meglio quando il proprio sacerdote se la spassa con le streghe. Tornando a noi, il processo ed i misteri sembrano non aver fine.

Spariscono a Caroline altre sigarette, e senza ripetere quanto finora detto, si ripropone il giro di accuse latenti. Questa volta però l’inquisizione perde un componente: Matteo Casnici, evidentemente consapevole del linciaggio in corso nei confronti di una sola persona, si tira indietro, e si pone su posizioni più tranquille, cercando una soluzione comune, anzichè il prosieguo della lapidazione pubblica. Gli altri resteranno sulle loro posizioni, chiedendo l’espulsione di Guendalina, e studiando tranelli per farla cadere in fallo.

Pessima pagina. Se Guenda fosse stata più fragile, avremmo potuto assistere ad un vero e proprio crollo psicologico, di fronte ad una massa multipla di rabbia e delirio riversata contro una sola persona. La consideriamo un eccesso, per un gioco, e portiamo anche noi un testimone: il nostro video gf11. Una nota di merito va invece ad Andrea Cocco e Nando Colelli, i quali, pur non condividendo le mascalzonate di Guendalina, hanno tentato di arginare la fame di sangue del branco, che lì s’ostinano ancora a chiamare “gruppo”.


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