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La raffinata arte del coming out

Senza mai pronunciare la parola “gay”, Guglielmo Scilla esce allo scoperto con un video a suo modo geniale che induce a riflettere: il coming out è ancora un atto rivoluzionario, o il marketing ha preso il sopravvento anche su questo?
A cura di Andrea Parrella
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Avviso ai naviganti: questo non è un articolo contro il coming out Guglielmo Scilla, anzi. Il video esemplare in cui ha confessato al mondo la sua identità sessuale è un saggio di coraggio ed astuzia. Scilla, in arte Willwoosh, l'ha inserita tra le altre caratteristiche della propria personalità, tentando di abbattere ogni gerarchia e clamore e cercando di trasmettere un'idea di naturalezza assoluta nel pronunciare quelle frasi. Nel suo messaggio non dice mai la parola gay, pur non rinunciando ad essere esplicito e non badare ai francesismi ("mi piace il cazzo, non mi piace la figa").

Operazione perfettamente riuscita, ma non c'è dubbio che i tempi, i modi e soprattutto la scelta stessa di una comunicazione urbi et orbi su Youtube, alla vigilia del suo debutto a Pechino Express, inducano a riflettere su come, oggi, fare coming out sia diventato anche il frutto di una ponderata valutazione che si potrebbe definire di marketing, oltre che un gesto liberatorio. Sgomberando il campo da ogni dubbio, la responsabilità di questo meccanismo non è di chi sia gay e scelga di dirlo, ma dell'ecosistema che quasi costringe a comunicarlo, a fare una scelta di campo. Insomma: per un personaggio pubblico dire di essere gay può essere considerato ancora un atto rivoluzionario, o il marketing ha preso il sopravvento anche su questo?

L'anno zero di Tiziano Ferro

Chi scrive, ad esempio, è convinto del fatto che la confessione epocale di Tiziano Ferro, quasi un anno zero dei coming out per l'Italia, abbia generato una involontaria, immensa espansione della sua platea, chiudendo alla perfezione un cerchio nel quale il cantante era stato prima idolo delle teenager al suo esordio, poi un artista e autore apprezzato anche dal pubblico più adulto e, alla fine, un'icona gay. Col risultato di diventare probabilmente l'artista italiano col pubblico più trasversale e variegato di sempre, secondo solo, forse, a Morandi e Celentano.

Il significato di questa piccola digressione fuori tema è che Tiziano Ferro venne allo scoperto in un periodo in cui riuscì a squarciare il velo di un tabù, compiendo un gesto importante e liberatorio per persone che hanno smesso di temere quel gesto, magari avvalorati da un personaggio pubblico così noto. Allo stesso tempo, però, ha prodotto una specie di distorsione della realtà, creando un modello, un cluster di riferimento che ha incluso negli schemi comunicativi dei personaggi pubblici l'eventuale tassello dell'omosessualità, attribuendogli il peso di essere un passaggio importante per posizionarsi sul mercato. Sia ben chiaro, non si sta sostenendo che i personaggi pubblici fingano di essere omosessuali perché saprebbero di avere una platea più ampia, ma che la scelta di uscire allo scoperto sia fortemente condizionata dal tempo vissuto, dal contesto, dalle circostanze e dalla tolleranza verso determinati temi.

Quelli che non l'hanno detto subito

Per approfondire la questione si può procedere all'inverso considerando, ad esempio, i casi in cui alcuni personaggi pubblici hanno scelto di non uscire allo scoperto sul tema della propria omosessualità. Ad esempio George Michael, che per ragioni personali, che forse contemplavano anche il pubblico di riferimento, ammise solo dopo lo scandalo che lo travolse la sua omosessualità. Oppure Ricky Martin, pure lui uscito allo scoperto molti anni dopo il suo successo discografico. Si può certamente immaginare che il cantante portoricano abbia preso consapevolezza dei suoi orientamenti nel corso degli anni, ma viene pure da chiedersi quali sarebbero stati gli effetti sulla sua popolarità se avesse affermato di essere gay nel 1997, prima di diventare un fenomeno di portata mondiale. Si potrebbe immaginare un successo ancora più esplosivo, così come si debba contemplare il fatto che, per anni, Ricky Martin ha rappresentato il sex symbol etero per eccellenza per orde di ragazzine su scala mondiale.

Il coming out è obbligatorio?

Certo, va anche detto che non ci sia un obbligo di confessione, così come hanno dimostrato diversi personaggi pubblici in passato, che pur bollati da dicerie e voci di corridoio, si sono sempre tenuti a debita distanza dalla dichiarazione di voto, col rischio di passare per persone incapaci di prendere una posizione. Il caso di Lucio Dalla fa scuola. Interrogato in un'intervista del '79, il cantautore rispose all'intervistatore sull'argomento:

Non mi interessa parlartene, perché dovremmo stare sulla questione per giorni interi. E poi credo che non ve ne sarebbe bisogno, nel caso fosse vero. Io sostengo che ognuno deve comportarsi correttamente secondo la sua organizzazione mentale, la sua organizzazione sociale, ma fare dichiarazioni di voto mi sembra ridicolo. Non appartengo a nessuna sfera sessuale.

Il succo della questione è che la notiziabilità di un coming out ha reso la dichiarazione pubblica un elemento che arricchisce il profilo di un personaggio, che può sì avere un valore simbolico per molte persone che lo seguono ma che, in virtù di questo stesso valore simbolico, è diventato una raffinata forma di espressione artistica come il video di Scilla, geniale per tempistiche d'uscita e scrittura, ha dimostrato.

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