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Il racconto di Romina Carrisi: “Ho lavorato in uno strip club a Los Angeles”

Romina Carrisi racconta in un’intervista al Fatto Quotidiano di aver lavorato in uno strip club a Los Angeles, quando viveva in America. Volata oltreoceano per studiare recitazione, maturò il desiderio di provare una “straordinaria normalità” e ha aggiunto: “Non mi sono mai sentita una figlia di papà”.
A cura di Ilaria Costabile
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Romina Carrisi si è raccontata in una lunga intervista al Fatto Quotidiano. La figlia di Albano Carrisi e Romina Power si è aperta completamente affidando alle pagine della testata episodi inediti della sua vita. La 34enne, infatti, ha vissuto per alcuni anni in America, dove oltre a studiare ha provato anche l'esperienza di lavorare in uno strip club a Los Angeles: "Volevo vivere una straordinaria normalità, anche perché non mi sono mai sentita una figlia di papà" racconta parlando di quegli anni lontano da casa.

Il lavoro a Los Angeles

Una parte della sua vita di cui non aveva mai parlato prima, o almeno non in maniera così dettagliata, ed è per questo che il racconto di Romina Carrisi appare ancora più interessante. Lavorare in uno strip club può sembrare una scelta insolita, ma la figlia del cantante pugliese spiega cosa si cela dietro questa decisione: "Semplicemente avevo bisogno di provare esperienze nuove, di tuffarmi in un mondo completamente sconosciuto. Ho osservato molto, mi sono divertita, ho fatto incontri assurdi". Non è difficile immaginare che a Los Angeles possa aver incontrato dei personaggi incredibili, e possa lei stessa aver vissuto delle situazioni difficili da dimenticare:

Ogni tanto arrivava Quentin Tarantino: gli piaceva una ragazza che somigliava molto ad Uma Thurman. Noi cameriere eravamo costrette a dare tutte le mance al manager del locale, un tipo stron*issimo: una sera un cliente iraniano s’innamora di me e mi rifila mance da 100 dollari, così correvo in bagno e m’infilavo di nascosto le banconote negli stivali. A fine serata il capo mi disse: ‘Com’è che non hai tirato su manco dieci dollari?’. Io feci la faccia da svampita e me ne andai soddisfatta, con le banconote nello stivale

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In America per studiare recitazione

In realtà il suo trasferimento in America è stato la conseguenza non di un capriccio, ma di un progetto ben definito: "Me ne sono andata in America a studiare. Volevo scendere dalle montagne russe, smettere di far parte di un film corale per il quale non avevo fatto nemmeno il provino". Gli anni di studio le hanno fatto comprendere quale sia la sua dimensione, anche nel mondo dell'arte e dello spettacolo:

Ho capito che l’attenzione morbosa non è un forma d’amore, soprattutto quando il pubblico di terze persone veniva e mi giudicava, mentre io crescevo e mi sentivo sola. Ho studiato quattro anni a Los Angeles recitazione, improvvisazione e scrittura. Sono andata per studiare e preparami e ho capito che mi piace di più stare dall’altra parte delle telecamere: ho fatto anche l’attrice e mi piace stare in scena ma ho compreso che cercavo dei ruoli soprattutto per nascondermi. Oggi, anche grazie alla psicoanalisi, ho trovato la mia dimensione: più che celarmi dentro un personaggio, voglio essere libera di esprimere me stessa.

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