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Leonardo, figlio di Mike Bongiorno: “Diceva che ero il suo bastone, non voleva mostrarsi fragile”

Leonardo, figlio di Mike Bongiorno, ricorda l’adorato padre scomparso. Per lui era “Leolino”, soprannome affettuoso al quale ha rinunciato dopo la sua morte: “Diceva che ero il suo bastone della vecchiaia”.
A cura di Stefania Rocco
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È un’intervista intima, tenera, quella che Leonardo “Leolino” Bongiorno ha rilasciato al Corriere della Sera. Si tratta di un elogio, un ricordo dell’adorato padre scomparso nel 2009 a Monte Carlo. Leonardo, oggi 27enne laureato alla Bocconi con master a Shanghai è diventato un imprenditore. È socio di un fondo che investe in startup, un uomo ligio al dovere proprio come suo padre gli ha insegnato.

All’epoca in cui Mike morì, Leonardo rinunciò al vezzeggiativo con il quale il padre era solito chiamarlo. Nel necrologio scritto in occasione dei funerali si firmò “Il tuo ex Leolino”. Qualcuno oggi è ancora solito chiamarlo con quel nome che fu lo stesso presentatore a rendere celebre in tv:

Magari è un pensionato che mi riconosce per strada, o una cassiera al supermercato. Sono sempre un po’ imbarazzato, mi fanno tanti complimenti che penso siano immeritati, mi commuovo. Dimostrano il loro affetto per papà, ne sono felice.

Le parole che Leonardo scelse per salutare il padre furono “I hope one day to become half the man you are” (“ Spero un giorno di diventare la metà dell’uomo che sei”). Fu una scelta precisa quella dell’ultimogenito di Mike che decise di vergare l’ultimo saluto al padre utilizzando una frase che sapeva averlo colpito:

Quella frase l’aveva usata il figlio di un pompiere nella pagina degli Obituaries di un quotidiano locale americano. Mio padre lo aveva letto durante una vacanza negli Stati Uniti e ne rimase così colpito che si riportò in Italia il giornale, lasciandolo per anni sulla scrivania. Ci tenevo, con quel messaggio, a fargli capire quanto gli fossi vicino.

Mike Bongiorno nel ruolo di padre

La famiglia Bongiorno
La famiglia Bongiorno

Leonardo ricorda di aver sempre visto convivere nel padre due versioni differenti dello stesso uomo, quella televisiva e quella privata:

È la prima immagine che ho di lui: sono in cucina, lui è dentro la tivù e poi apre la porta e compare in vestaglia e pantofole. Rispetto ai miei fratelli maggiori, Michele e Nicolò, me lo sono goduto nella sua fase più lenta, casalinga e affettuosa. Loro non lo vedevano mai, esclusi i bellissimi viaggi in tutto il mondo durante le vacanze, perché dagli anni 70 ai 90 era sempre impegnato nel “Giro Mike”, una tournée che faceva in tutte le città d’Italia, dove presentava ogni tipo di sagra. In casa, dopo, siamo rimasti io, lui e mamma, un nucleo nostro. Non mi ha mai fatto rimpiangere quei padri giovani che portano il figlio a calcetto o al parco e se lo issano sulle spalle. Sapeva essere lo stesso molto efficace con l’esempio.

Racconta che Mike era fissato con lo sport, al punto da costringerlo a cimentarsi nelle discipline più disparate:

Era fissato con lo sport e voleva che lo praticassi ogni giorno. Ricordo che avevo lunedì nuoto, martedì tennis, mercoledì cavallo, giovedì golf, venerdì non mi ricordo e poi sci tutti i weekend. Quello lo facevamo insieme, certe levatacce! In pista voleva essere il primo e mi svegliava sempre alle 6, mi stringeva gli scarponi fino a farmi male e uscivamo.

L’amicizia con Fiorello

Leonardo racconta che il padre era solito “studiare” fino a notte fonda:

Andava a dormire molto tardi, alle 3 o alle 4 del mattino: se ne stava ore seduto nella sua poltrona con il sigaro e un taccuino su cui prendeva appunti guardando i programmi della tivù americana. Si era fatto montare una parabola in terrazzo che sembrava la Nasa. Le chiamava le sue “ricerche”.

Fu Leonardo a fare in modo che il padre conoscesse Fiorello. Lo aveva ascoltato in radio e volle che anche Mike sentisse le sue imitazioni:

Sono stato io a far sentire a papà le imitazioni di Fiorello e all’inizio non era molto contento. Poi invece sono diventati amici ed è cominciata l’abitudine di sentirsi in diretta alla radio. Papà prendeva quegli appuntamenti sul serio, ogni giorno fingeva di essere stato sorpreso mentre faceva una cosa diversa: una volta mi mandò a comprare quei barattoli che se li giri fanno il verso della mucca, e raccontava che stava mungendo in montagna; un’altra volta si fece incidere un esercizio da un violinista per far credere che stesse suonando lui.

Un’altra cosa che facevano insieme era guardare la Juve, squadra di cui Mike era tifoso:

Quando tornavo da scuola lo trovavo puntuale che mangiava muesli con yogurt e spremuta d’arancia. Mi chiedeva come era andata, cos’avevo fatto. Rispondevo laconico: niente. Ma se avevo preso un bel voto, e lo prendevo spesso, lui era tutto contento. Le partite le guardavamo in salotto, io sul divano, lui nella sua poltrona, con i telegatti dietro di noi che facevano il tifo. Nessuno poteva alzarsi.

Il furto della salma nel 2011

Gli ultimi anni insieme sono stati quelli più difficili:

Diceva che ero il suo bastone della vecchiaia ed era vero. Non gli piaceva mostrarsi fragile, così lo aiutavo come potevo. Ricordo quando lo sorreggevo mentre entrava in piscina ed era tutto tremolante. Tre giorni prima che morisse avevamo festeggiato il mio ventesimo compleanno e lui, davanti alla torta e ai miei amici, aveva fatto un discorso serio sui valori, perché ormai ero un uomo.

Infine ricorda il rapimento della salma, circostanza che provocò a Leonardo e alla sua famiglia settimane di dolore: “Una cosa assurda, senza senso. Dopo, lo abbiamo voluto cremare: le sue ceneri ora sono disperse sul Cervino e in parte sono nella cappella di famiglia, al lago”.

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