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Morto Luis Sepúlveda, l’amore con Carmen Yanez che lo aspettava dopo il ricovero per coronavirus

All’età di 71 anni in seguito alle conseguenze del coronavirus, è morto lo scrittore cileno Luis Sepulveda. La moglie, Carmen Yanez, ricoverata anche lei per qualche tempo, era rientrata a casa in attesa che suo marito tornasse. Ma così non è stato. La loro storia ha superato la dittatura di Pinochet, la distanza, i legami con altre persone, ma dopo 52 anni d’amore è stata distrutta da un nemico tanto potente, quanto invisibile.
A cura di Ilaria Costabile
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Luis Sepúlveda, uno dei più grandi scrittori sudamericani dell'epoca contemporanea, si è spento il 16 aprile 2020 all'età di 71 anni, a causa del coronavirus. Ricoverata accanto a lui perché probabilmente positiva al Covid-19, ma poi dimessa, la moglie: la poetessa Carmen Yanez, la quale all'inizio di marzo aveva smentito che il marito fosse in gravi condizioni dichiarando che, invece, fosse "sulla buona strada" per riprendersi dalla malattia.

Separati dal coronavirus

Carmen Yanez era tornata a casa dopo quella che lei stessa ha definito come "una forte influenza", convinta che dopo tre settimane di ricovero all'ospedale di Oviedo, il suo amato compagno sarebbe ritornato a casa. Eppure così non è stato. La storia d'amore tra Luis Sepúlveda e una delle più prolifiche poetesse dall'era contemporanea ha resistito alla dittatura di Pinochet, alla distanza e anche ad un divorzio, ma è stata stroncata dall'incombere di un nemico tanto invisibile quanto potente come il coronavirus.

Un amore sopravvissuto alla dittatura di Pinochet

Il loro amore nacque sul finire degli Anni Sessanta, quando in Cile si poteva ancora vivere liberamente e ci si poteva ancora innamorare sotto l'occhio vigile e rassicurante di Allende. Carmen Yanez aveva appena 15 nel 1968, quando per la prima volta incontrò colui che sarebbe diventato suo marito. Era il 1971 quando celebrarono il loro primo matrimonio  a Santiago del Cile e dopo poco ebbero Carlos, il loro primo figlio. In quegli anni Sepúlveda faceva parte della scorta del presidente cileno, soppiantato dal colpo di Stato di Pinochet, e nel settembre 1973 i due furono così separati dalla dittatura. Lei viveva col terrore che "Lucho", così come era solito chiamarlo, fosse morto, intanto lui cercava di salvare la sua famiglia anche a distanza. La crudeltà di quegli anni si abbatté, anche fisicamente, su di loro. Carmen Yanez, infatti, come si legge nei suoi versi fu vittima delle torture imposte dal regime di Pinochet, mentre suo marito lottava per la libertà, protestando, ma poi per avere salva la vita dovette iniziare una lunga latitanza a partire dal 1977, quando lasciò definitivamente il Cile. Lei, invece, andò via dal paese quattro anni dopo.

Luis e Carmen si ritrovano

Quegli anni li divisero, li cambiarono, eppure il loro amore superò gli orrori della dittatura e la nascita di nuovi legami, per ritornare più intenso di prima. Entrambi lasciarono il Cile e si incontrarono in Europa, nella Foresta Nera. Era il 1996. Ormai le loro vite erano cambiate, avevano al loro fianco altre persone: lui aveva sposato una ragazza tedesca, Margareta, dalla quale ebbe tre figli. Intanto tra Sepulveda e Carmen Yanez quell'amore che li aveva legati un tempo, sembrò riprendere vigore, infatti, non trascorse un giorno in cui non si scambiavano notizie l'uno dell'altra, finché lo scrittore non decise di divorziare da Margarita, per ritornare dall'unica donna della sua esistenza. Da quel momento non si sono mai lasciati e dopo qualche anno hanno deciso di risposarsi, celebrando le loro seconde nozze nel 2004 a Gjion in Spagna.

La poesia che Luis Sepulveda dedicò alla moglie Carmen

Nei lunghi anni trascorsi in esilio, i versi di Sepulveda parlavano di un amore mai davvero consumatosi, un amore destinato a vincere le difficoltà e lasciato col rimpianto di non aver vissuto altro tempo insieme. Lo scrittore cileno scrisse una poesia, dedicata alla moglie Carmen, dal titolo "La màs bella historia de amor" che è possibile trovare nella raccolta "Poesie senza patria". Questi i versi:

L’ultima nota del tuo addio
mi disse che non sapevo nulla
e che arrivavo
al tempo necessario
di imparare i perchè della materia.
Così, fra pietra e pietra
seppi che sommare è unire
e che sottrarre ci lascia
soli e vuoti.
Che i colori riflettono
l’ingenua volontà dell’occhio.
Che i solfeggi e i sol
raddoppiano la fame dell’orecchio
Che è la strada e la polvere
la ragione dei passi.

Che la via più breve
fra due punti
è il giro che li unisce
in un abbraccio sorpreso.

Che due più due
può essere un pezzo di Vivaldi.
Che i geni gentili
stanno nelle bottiglie di buon vino.

Una volta imparato tutto questo
tornai a disfare l’eco del tuo addio
e al suo posto palpitante scrissi
la Più Bella Storia d’Amore
ma, come dice l’adagio,
non si finisce mai
d’imparare e aver dubbi.

Così, ancora una volta
facilmente come nasce una rosa
o si morde la coda un a stella cadente,
seppi che la mia opera era scritta
perchè La Più Bella Storia d’Amore
è possibile solo
nella serena e inquietante
calligrafia dei tuoi occhi

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