Parla Diana, figlia di Lele Mora: “Papà voleva soffocarsi”
L’arresto di Lele Mora continua a far discutere a distanza di sette mesi a causa delle terribili condizioni di salute nelle quali l’ex agente dei Vip verserebbe in questo momento. Dopo il drammatico tentativo di suicidio risalente allo scorso 30 dicembre, Diana Mora, figlia di Lele, ha scelto di raccontare in tv il dramma di suo padre nel tentativo di sensibilizzare l’opinione pubblica e la magistratura affinchè, tenendo conto del suo pessimo stato fisico e mentale, all’uomo siano concessi gli arresti domiciliari. Dopo la solidarietà di Silvio Berlusconi che le ha fatto comprendere quanto l’argomento relativo alla scarcerazione di suo padre fosse ancora caldo, Diana ha deciso di accettare l’invito di Barbara D’Urso e raccontare la vicenda giudiziaria Mora dal suo punto di vista, partendo da quel drammatico 30 dicembre, data in cui suo padre, rinchiuso nel carcere di Opera a Milano, tentò di togliersi la vita.
La commozione della donna è palpabile e si scontra con quanto dichiarato dai magistrati secondo cui, insieme ai suoi avvocati, Lele starebbe cercando di mettere in piedi una specie di campagna pubblicitaria volta a favorirne il rilascio. Il racconto di Diana, però, è difficile da digerire soprattutto perché riguarda un uomo che si è trovato ad affrontare da solo la parte più difficile della sua vita, nonostante, solo pochi anni prima, i maggiori personaggi dello showbiz facessero a gara pur di gravitargli intorno allo scopo di approfittare di quella generosità diventata leggendaria nel mondo dello spettacolo. Oggi, Mora non sta bene e la figlia, avendolo potuto incontrare da vicino, è diventata portavoce del suo malessere:
Durante il colloquio risalente alla Vigilia di Natale, avevamo già percepito che c’era qualcosa che non andava in lui a livello psichico. Gli avevamo raccomandato di essere forte e assicurato che avremmo continuato a soffrire insieme a lui a patto che non avesse fatto stupidaggini. Durante il colloquio successivo, ci ha accolto stando su una sedia a rotelle e, prima di andare via, mi ha detto “Buon anno, amore” quasi a volermi salutare. La notte stessa, il nostro avvocato ci ha telefonato per dirci che mio padre aveva tentato il suicidio ma che, per fortuna, era stato fermato in tempo. Si era nascosto sotto il piumone per non farsi vedere per poi coprirsi la bocca e il naso con dei cerotti, allo scopo di soffocare. Quando siamo riusciti a vederlo, ci ha chiesto scusa, si vergognava per quello che aveva fatto. Questo però mi ha fatto capire che non ce la fa più. Mio padre è un uomo fragile, non merita di affrontare tutto questo.
Per i giudici, Lele deve restare in carcere
I giudici, però, la pensano diversamente. Nonostante Lele, i suoi avvocati e la sua famiglia continuino a denunciare le sue terribili condizioni di salute, per i Pm esiste il rischio concreto che, se scarcerato, l’uomo possa rifugiarsi all’estero e sfuggire alla giustizia. E non solo. Le sue condizioni di salute non sarebbero gravi al punto tale da risultare incompatibili con la vita in carcere, a differenza di quanto sarebbe stato invece raccontato. In più, Mora possederebbe ancora importanti conti correnti presso alcune banche svizzere e contatti con società offshore che gli consentirebbero di fuggire dall’Italia, esponendo la giustizia al rischio di non poterlo giudicare a seguito dell’accusa per bancarotta fraudolenta a lui imputata. Infine, sempre secondo i magistrati, anche il tentativo di organizzare una colletta per risarcire quanti sono stati danneggiati dalla bancarotta da lui provocata, sarebbe solo un espediente mediatico volto ad accendere ancora i riflettori sulla sua situazione, favorendone la scarcerazione. Per tutti questi motivi, Mora resta in carcere.