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Perché la denuncia del Codacons contro la ‘blasfema’ Chiara Ferragni non ha senso

L’associazione ha denunciato l’imprenditrice per l’opera di Francesco Vezzoli comparsa su Vanity Fair in cui Chiara Ferragni è ritratta come una Madonna col bambino. Indignazione, esposto indirizzato a Papa Francesco, al ministro e alle istituzioni. Ma chi difende il Codacons? Può dirsi rappresentativa dei consumatori un’associazione che costruisce una fantasiosa denuncia per blasfemia nei confronti di uno dei personaggi più famosi d’Italia, o si pecca di malizia nel credere che sia tutto finalizzato a una ricerca di visibilità?
A cura di Andrea Parrella
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Tra i regali che questo inizio di autunno climaticamente traumatico poteva farci, la denuncia del Codacons ai danni di Chiara Ferragni "per blasfemia e offesa al sentimento religioso" è certamente di quelle più originali e inattese. Non è la prima volta in cui l'associazione che agisce in difesa dei consumatori si scaglia contro Chiara Ferragni e il marito Fedez, ma questo attacco del Codacons pare essere stato accolto anche dall'opinione pubblica con una reazione alquanto sbigottita, vista l'entità della denuncia stessa.

I fatti sono i seguenti. Il numero di settembre di Vanity Fair vedeva come principale protagonista proprio Chiara Ferragni, intervistata dalla rivista per l'occasione. A suscitare il dibattito non è stata tuttavia l'intervista, bensì l'illustrazione che la accompagnava, curata dall'artista Francesco Vezzoli, che per amor di provocazione, e forse per restituire il peso mediatico di Chiara Ferragni ai nostri tempi, l'ha raffigurata come una Madonna col bambino, inserendo il suo volto in una rielaborazione del dipinto di Giovanni Battista Salvidetto il Sassoferrato. Il Codacons ha definito l'opera "una grave mancanza di rispetto per i cristiani, per l’intero mondo religioso e per l’arte in genere". 

Il dipinto Madonna con bambino di Giovanni Battista Salvi, detto il Sassoferrato.
Il dipinto Madonna con bambino di Giovanni Battista Salvi, detto il Sassoferrato.

Chi è l'artista che ha ritratto Chiara Ferragni come la Madonna

Ma Francesco Vezzoli, che ha diretto il numero di Vanity Fair di settembre tutto declinato al femminile, non è nuovo a questo genere di operazioni e, anzi, la sua intera produzione artistica si muove costantemente sul filo della provocazione. Uno stile che spesso fonde immagini ricorrenti della storia dell'arte con icone pop, personaggi del mondo del cinema e della musica. Basta dare uno sguardo alla sua pagina Wikipedia per trovare racchiusa in una frase una sintesi della sua poetica, quella che lo vede intento a "decostruire lo strumento della promozione. Vorrei che il mio lavoro fosse lo specchio dell'effimero mediatico”. Un effimero mediatico che non può non contemplare il personaggio che più di tutti, oggi, risulta pervasivo da un punto di vista mediatico. Posto che non bastino poche righe a descrivere lo slancio creativo di un artista, la natura di questa opera specifica pare piuttosto chiara.

Ma forse lo stile di Vezzoli non è sufficiente a rendere l'idea di quanto illogica e francamente pretestuosa appaia la denuncia del Codacons, che decide di annunciare pubblicamente una decisione peraltro rivolta al soggetto ritratto nell'illustrazione e non all'autore. Volendo individuare un "colpevole" – e no, in questa sede non abbiamo alcuna intenzione di individuarlo – sarebbe quello contro cui puntare il dito.

La condanna dei soldi, a prescindere

Il Codacons contesta a Ferragni di sfruttare un'immagine religiosa a scopo di lucro, sostenendo in buona sostanza che questa creazione di Vezzoli contribuisca ad accrescere gli introiti dell'imprenditrice. Oltre ad essere impossibile tracciare una correlazione tra le due cose, l'attacco infastidisce anche perché figlio di un altro vizio culturale che sta condannando il nostro tempo: la condanna dei soldi, la disapprovazione del guadagno, la censura dei ricchi in quanto ricchi, indipendentemente dal loro sistema valoriale, dall'etica e da ciò che con i soldi guadagnati scelgono di fare.

E visto che il Codacons non ci risparmia mai del suo sguardo malizioso sul mondo, a voler osservare con la stessa malizia l'operazione della denuncia potremmo dire che questa riesca con difficoltà a smarcarsi dall'apparire come finalizzata a riscuotere unicamente visibilità, sfruttando di riflesso la popolarità di Chiara Ferragni.

Il commento di Fedez alla notizia la dice lunga – "mi mancavano", ha scritto con ironia – e ricorda come questo non sia il primo capitolo della guerra tra Codacons e Ferragnez. Mesi fa, durante il lockdown, il Codacons aveva sollevato dubbi sulla raccolta fondi che la coppia aveva messo in piedi per dare vita a un ospedale Covid a Milano. Fedez aveva risposto per le rime attaccando a sua volta il Codacons per la poca trasparenza:

Ne esco con 15 denunce, se non ho perso il conto. Loro hanno criticato la mia raccolta fondi e io ho risposto per le rime facendo notare la poca trasparenza delle loro azioni. Il risultato, atti giudiziari per diffamazione, calunnia, associazione a delinquere, violenza, minacce plurime e induzione a commettere reati e una richiesta di 393mila euro di danni, che avranno solo l'effetto di intasare i tribunali.

A nome di chi il Codacons denuncia Chiara Ferragni?

La domanda delle domande resta quella che induce a chiedersi quale risultato possa mai raggiungere una denuncia come quella che il Codacons ha sollevato con un esposto indirizzato nientemeno che a Papa Francesco, alla procura della Repubblica e al ministro Franceschini per uso illecito di immagini religiose. Ma soprattutto quali consumatori ritiene di difendere un'associazione che avvia un procedimento simile?

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