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Sabrina Paravicini torna a casa dopo l’operazione per il cancro al seno: “Fin qui tutto bene”

L’attrice mostra le ferite e le conseguenze della complessa operazione alla quale si è sottoposta per la rimozione di una massa tumorale che le si era formata in corrispondenza del seno. Si dice ottimista, ma non sembra illudersi, consapevole che il percorso sia lungo e lastricato di difficoltà.
A cura di Andrea Parrella
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Sabrina Paravicini è tornata a casa dopo l'operazione necessaria per curarsi da un cancro al seno da cui recentemente ha scoperto di essere affetta. L'attrice e regista tiene costantemente informati i suoi seguaci sulle sue condizioni di salute, facendo un uso divulgativo di Instagram nel racconto dettagliato dei trattamenti cui si sta sottoponendo. Pochi giorni fa aveva annunciato di essere pronta a un'operazione e negli ultimi minuti ha fatto sapere a tutti di essere tornata a casa

Sono a casa. Mi porto in giro in una borsa di stoffa due tubi di drenaggio che a giorni mi toglieranno. Escono dal mio corpo protetti dai cerotti. Ho due ferite una sotto l’ascella e l’altra orizzontale in centro al seno. Quando mi medicano non guardo, non so quando avrò il coraggio di vedere. Ho detto addio anche al mio capezzolo, in questo momento è nel pacchetto dell’esame istologico. Il tumore era già scomparso al 100% prima dell’intervento ma il protocollo, per l’aggressività del mio tumore, prevede la demolizione completa del seno, per sicurezza, per non rischiare una recidiva. Durante l’intervento tolgono tutto e preparano alla ricostruzione: alzano il muscolo dalla gabbia toracica e ti inseriscono un espansore che prepara lo spazio alla protesi.

In parallelo all'ottimismo non può non dedicare una parentesi alle sensazioni di queste ore: "Non ero preparata a tanto dolore fisico. Per me e stata dura, durissima. Il dolore anche solo a respirare. La solitudine delle notti in cui fai i conti con la soglia di sopportazione del dolore fisico e con la pazienza. La memoria del dolore si attenua pensando alle infermiere che mi hanno accudita, al chirurgo che si affacciava ogni mattina per vedere come stavo, al plastico che mi controllava la ferita, alla specializzanda che mi spiegava cosa sarebbe accaduto, alle mie compagne di stanza, dolcissime, discrete e amorevoli, si diventa sorelle in pochi minuti". 

Ringraziando lo staff medico e le persone che hanno condiviso accidentalmente con lei questa esperienza, chiude il suo post con "Fin qui tutto bene", lasciando presagire prossimi aggiornamenti.

Pochi giorni fa Sabrina Paravicini aveva raccontato del suo prossimo ricovero partendo da un dialogo con suo figlio:

"‘Ciao mamma, spero che resterai viva'. Mi hai salutato così davanti all’ingresso dell’ospedale. E io ti ho sorriso dicendoti che sarei rimasta viva. Ti ho detto: ‘Non eravamo d’accordo che sarei morta a 105 anni?' ‘Lo so mamma ma io ho paura'. La verità è che avevo paura anche io, ho nascosto un foglio in casa con scritte delle cose. Indicazioni per Nino se fosse successo qualcosa".

A CASA Sono a casa. Mi porto in giro in una borsa di stoffa due tubi di drenaggio che a giorni mi toglieranno. Escono dal mio corpo protetti dai cerotti. Ho due ferite una sotto l’ascella e l’altra orizzontale in centro al seno. Quando mi medicano non guardo, non so quando avrò il coraggio di vedere. Ho detto addio anche al mio capezzolo, in questo momento è nel pacchetto dell’esame istologico. Il tumore era già scomparso al 100% prima dell’intervento ma il protocollo, per l’aggressività del mio tumore, prevede la demolizione completa del seno, per sicurezza, per non rischiare una recidiva. Durante l’intervento tolgono tutto e preparano alla ricostruzione: alzano il muscolo dalla gabbia toracica e ti inseriscono un espansore che prepara lo spazio alla protesi. Non ero preparata a tanto dolore fisico. Per me e stata dura, durissima. Il dolore anche solo a respirare. La solitudine delle notti in cui fai i conti con la soglia di sopportazione del dolore fisico e con la pazienza. La memoria del dolore si attenua pensando alle infermiere che mi hanno accudita, al chirurgo che si affacciava ogni mattina per vedere come stavo, al plastico che mi controllava la ferita, alla specializzanda che mi spiegava cosa sarebbe accaduto, alle mie compagne di stanza, dolcissime, discrete e amorevoli, si diventa sorelle in pochi minuti. Si condivide tutto, anche i pensieri senza dirsi niente. Ci si aiuta. Anche di notte se piangi. Maria Luce, uno scricciolo di 39 chili con un tumore alla vescica e un drenaggio al fegato, si è alzata dal letto e mi ha fatto un massaggio alle gambe dicendo: andrà tutto bene Sabri’. 🙏fino a qui tutto bene🙏

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