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Si fingeva Trentalance per ricattare Justine Mattera, condannato a 1 anno e 8 mesi

Un 27enne messinese è stato condannato a 1 anno e 8 mesi di reclusione per sostituzione di persona e violenza privata. L’uomo si sarebbe finto Franco Trentalance per chattare con la soubrette Justine Mattera, successivamente ricattata.
A cura di Stefania Rocco
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Si è conclusa oggi la vicenda che ha visti protagonisti Justine Mattera, la scrittrice Irene Cao e, loro malgrado, il pornostar Franco Trentalance e il ciclista Filippo Pozzato. Risale al 2012 quando un uomo, il 27enne messinese Anthony Repici, avrebbe creato falsi profili sui social network rispondenti a Trentalance e per intrattenere delle conversazioni private con la Mattera. A distanza di 5 anni da quel momento, l’uomo è stato condannato a 1 anno e 8 mesi di reclusione per sostituzione di persona e violenza privata. È quanto è stato stabilito dal giudice monocratico dell'ottava sezione penale di Milano Luisa Balzarotti. La condanna ricevuta dal messinese supera la pena di un anno richiesta dalla Procura in sede di processo. Il Tribunale ha stabilito, inoltre, una provvisionale di 10 mila euro per la Mattera – in sede civile sarà stabilito l’ammontare del risarcimento complessivo – e di 18 mila euro totali per la Cao, Trentalance e Pozzato che si erano costituiti parte civile.

La vicenda e la minacce alla Mattera

In sede processuale è stato dimostrato che la showgirl Justine Mattera sarebbe stata minacciata dal condannato in più di un’occasione. Avrebbe creato un falso profilo abbinato a Trentalance avvalendosi delle sue conoscenza informatiche. Nell’avviso di garanzia che ha preceduto la condanna si legge che l’accusato, “creando il falso profilo Facebook ‘franco.trenta67′ e il falso profilo twitter ‘@francotrentala1”, si sostituiva illegittimamente alla persona di Franco Trentalance" e in questo modo "induceva in errore Justine Mattera, con la quale intratteneva delle conversazioni telematiche attribuendosi l'identità del predetto Franco Trentalance".

Nel novembre del 2012 Repici avrebbe confessato alla Mattera la sua reale identità per poi passare al ricatto. Il messinese l’avrebbe quindi costretta a "proseguire le comunicazioni on line", dietro la minaccia di "rendere pubblici i contenuti delle conversazioni telematiche ritenute compromettenti". La Mattera, però, "una volta resa edotta dalla sostituzione di persona, interrompeva i rapporti e si rivolgeva alle forze di polizia denunciando i fatti". Da qui la denuncia che ha fatto scattare il processo.

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