Piano chiuso ‘causa Belén’, l’ospedale di Padova sminuisce la misura: “Una cosa burlona”
"Una cosa burlona". L'ospedale Giustinianeo di Padova ha risposto così alla redazione di Fanpage.it per spiegare l'ordine di servizio affisso che rendeva inutilizzabili gli ascensori 4 e 7 per il terzo piano "causa Belen e fino a nuovo ordine". Nella giornata di ieri, la nascita di Luna Marì, la figlia di Antonino Spinalbese e Belen Rodriguez, ha catalizzato l'attenzione e la notizia è un po' passata sotto traccia, complice anche l'uscita dalla struttura pubblica della soubrette e il suo ritorno a casa – nella villa privata dell'Isola di Albarella.
Chi ha firmato l'ordine di servizio?
Resta la domanda, data una risposta poco concreta e decisamente evasiva da parte della struttura: "La direzione del reparto assicura che il reparto è in questo momento accessibile pur mantenendo intatta la garanzia della privacy di tutti i degenti. Quanto all'avviso, era una cosa burlona, mettiamola così". E purtroppo resta inevasa anche la domanda su chi si è preso la responsabilità di firmare quell'ordine. La forma puntata P.I. non è riconducibile a nessuno del reparto di Ostetricia e Ginecologia, che è diretto dalla Dott.ssa Maria Teresa Gervasi (e come direttore di dipartimento figura la Prof.ssa Liviana Da Dalt); a meno che con quella forma puntata non si intenda "Personale Infermieristico", che in organigramma ha come coordinatrici Valentina Fiorin e Paola Pavin.
Il cartello apparso su Nurse Times
Il cartello apparso nel reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale Giustinianeo di Padova si è rapidamente diffuso sui social network, rilanciato anche da Nurse Times, portale che si occupa di informazione sanitaria, di cronache e fatti relativi alle pratiche del mondo ospedaliero: "Un ordine di servizio agli infermieri “Causa Belen”: polemica per il protocollo per il parto della soubrette argentina. I pulsanti degli ascensori che generalmente conducono al terzo piano sono stati disabilitati, proprio perché l’Intera area è stata riservata alla celebrità". La domanda, quindi, resta: chi ha firmato questa cosa burlona?