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Pupo: “Mi salvai dai debiti di gioco inventando una malattia di mia figlia, mi lasciarono stare”

Pupo rivela di essersi salvato da alcuni ingenti debiti di gioco inventando una malattia di un membro importante della sua famiglia: “Mi salvai inscenando la mia disperazione e dicendo una bugia squallida: inventai che avevo un gravissimo problema familiare, che mia madre o una delle mie figlie aveva una malattia rara e costosissima”.
A cura di Stefania Rocco
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Intervistato dal settimanale Oggi, Pupo racconta i problemi vissuti all’epoca in cui era dipendente dal gioco d’azzardo. Enzo Ghinazzi non ha mai nascosto le sue debolezze. È riuscito a parlarne pubblicamente, adesso consapevole di essersi lasciato alle spalle quegli anni difficili. Di quei periodi, però, restano vividi ricordi. Tra i tanti episodi richiamati alla memoria, ne c’è uno clamoroso che l’artista sceglie di condividere:

Ho i brividi a pensarci. Nel 1983 un giorno perdo a carte 75 milioni di lire e pago con tre assegni da 25 milioni. Dopo qualche tempo la Polizia fa un blitz e scopre una bisca a Bergamo dove rintraccia i miei assegni e arresta un gruppo di truffatori… Sennonché 7 o 8 anni dopo quella gente esce di galera, si ricorda del mio debito e mi viene a cercare. Nel frattempo però io mi ero giocato tutto. Mi salvai inscenando la mia disperazione e dicendo una bugia squallida: inventai che avevo un gravissimo problema familiare, che mia madre o una delle mie figlie aveva una malattia rara e costosissima. Fui così credibile che rinunciarono.

La carriera da playboy

Dipendente dal sesso, ancora oggi Ghinazzi ha due compagne. Si definisce bigamo, una condizione che in famiglia è accettata con naturalezza. Tantissime le donne collezionate nell’arco della sua vita. Per liberarsi di alcune di loro, confessa oggi, avrebbe dovuto inventare scuse su scuse: “Sono arrivato ad avere una decina di flirt in giro per il mondo e tre, quattro in Italia. Inventavo concerti inesistenti, esibizioni private, riunioni, contratti da firmare. Poi prendevo la mia Jaguar e portavo le mie amanti a Venezia al Cipriani o al Danieli. Quante sberle mi sono beccato perché confondevo i nomi delle donne”.

La dipendenza dal sesso

La fase acuta di dipendenza dal sesso, invece, sarebbe riuscito a lasciarsela alle spalle: “Ora va molto meglio. Ho imparato a governare gli impulsi. In materia ho dato fin troppo: tra masturbazioni e passioni occasionali non mi sono fatto mancare nulla. Ho sofferto non poco: quando dicevo di essere affetto da quella patologia venivo deriso e preso poco sul serio. Ma chi ha vissuto questo tipo stesso problema sa che non è facile uscirne”. E sulla sua condizione di bigamo conclude: “Sarò bigamo anche nell’aldilà. Nella mia cappella ci sarà posto per me, per la mia compagna Patricia, per mia moglie Anna e per le persone che amo”.

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