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Elena Santarelli sul suicidio dello zio: “Si è battuto per una legge sui disabili mai arrivata”

Dopo il grave lutto che l’ha colta all’inizio di questa settimana, Elena Santarelli torna a parlare della morte dello zio, sulle pagine del quotidiano La Repubblica. La showgirl racconta i motivi di questa scelta estrema e parla della condizione in cui si trovano i care-givers, coloro che offrono supporto continuativo ad una persona che non può badare a sé stessa autonomamente, cercando di smuovere la politica in merito.
A cura di Ilaria Costabile
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Il grave lutto che nei giorni scorsi ha colpito la famiglia di Elena Santarelli, nonostante sia da considerarsi un terribile avvenimento, ha avuto il merito di aver portato alla luce una situazione non semplice, come quella dei care-givers, che in Italia non hanno il supporto statale e politico di cui avrebbero bisogno. Gestire una persona affetta da malattie invalidanti, che si tratti di un handicap fisico o mentale, senza un aiuto esterno, fornito in primis dallo Stato, è una condizione in cui in Italia si trovano migliaia di famiglie. In una lunga intervista rilasciata dalla showgirl a La Repubblica, si cerca di dare maggiore importanza e visibilità ad una realtà che, molto spesso, chi dovrebbe non guarda con attenzione.

La lettera pubblicata per volere dello zio

La scelta di pubblicare la lettera lasciata dallo zio della Santarelli ai suoi familiari, non è stata il frutto di una decisione presa d'istinto, dettata dalla necessità di salutare un parente scomparso in maniera così inaspettata e brutale, ma in qualche modo era proprio il volere del defunto, come afferma la showgirl:

In un passaggio diceva: fate qualcosa sui giornali. Ho chiesto il permesso a zia, la sorella di mamma. Si sono battuti tutta la vita per una legge che aiutasse chi deve convivere per sempre con una persona con gravi disabilità. Daniela è nata nel 1982, la Prader Willi non si conosceva. Nel '94 andò in pensione anticipata e divenne caregiver (chi vive assistendo un parente). Era l'ombra di Daniela. Non può stare sola neanche un minuto.

Un messaggio per la politica

Questo suo nuovo ruolo, per il quale ha vissuto una vita intera, cercando di essere per la figlia tutto quello di cui lei avesse bisogno, era diventato quasi una missione. Nel momento in cui lo zio della showgirl ha scoperto di essere affetto dal Parkinson, il "secondo male" di cui parla nella lettera, ha pensato di non poter affrontare questa battaglia che avrebbe affaticato ancor di più la moglie e l'altra figli, venuta meno la sua forza e il suo ruolo di supporto per la figlia Daniela, ha pensato che il gesto più forte che potesse compiere e con il quale dimostrare il suo amore, fosse proprio quello di togliersi la vita. Un gesto, come spesso accade, che si fa portatore di un messaggio importante, da rivolgere all'intera classe politica, come spiega la Santarelli:

Zia si batte da anni per la legge sui Caregiver: quella di febbraio è tutto fumo e niente arrosto. Il problema non è solo economico. Si sentono lasciati soli dallo Stato. Non ci sono abbastanza strutture adeguate che permettano ai genitori di respirare. Non c'è l'assistenza di una persona formata che viene a casa. Daniela ogni tanto può andare al Centro Armonia a Latina, sovvenzionato dalla Regione, ma c'è una lista di attesa imbarazzante. Se un caregiver non si cura viene logorato, lo stress può uccidere a livello cerebrale. Mia zia, come tanti altri genitori, è agli arresti domiciliari. Vivono in galera, senza vacanze né cene fuori.

L'esperienza con suo figlio

Elena Santarelli ha alle spalle una storia particolare, una storia di lotta, di sofferenza, ma ti tanta determinazione e costanza. La malattia di suo figlio le ha insegnato ad affrontare la vita con una forza diversa. Non si definisce una care-giver, ma sa cosa significa dover soccorrere una persona che sta male, soprattutto quando a farlo sono i genitori che farebbero qualsiasi cosa per i loro figli, come racconta al noto quotidiano:

Andavo in ospedale a fare file e le chemio con mio figlio, però ero una caregiver momentanea. Altri sono segnati a vita. L'ho sempre detto a zia: quando è stato diagnosticato il tumore a mio figlio avevo una soluzione, loro no. Crescere con mia cugina disabile in casa mi ha reso diversa: è una grande scuola, una grande palestra di vita. Pur avendo un figlio con un tumore cerebrale mi dicevo: quanto meno possiamo provarci, a tornare alla normalità. Capisce? Mio figlio è nato sano: abbiamo avuto un intoppo e si poteva risolvere o meno. Ringraziando Dio e la medicina l'abbiamo risolto. Quindi mi lamento poco! Si deve smuovere la politica. Ho visto genitori dormire in auto, mangiare una banana per non spendere alla mensa. C'è chi si è indebitato per curare i figli.

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